Alle volte le note biografiche possono risultare fuorvianti. Infatti, leggendo il passato artistico dei componenti della band, mi aspettavo di imbattermi in qualcosa di assolutamente estremo. Anzi, per dirla tutta, l'estremismo musicale c'è, eccome se c'è, però viene codificato e convogliato in direzioni ben diverse da quelle intraprese in passato con le rispettive precedenti bands. Ma chi sono i musicisti coinvolti? E in che bands suonavano? E' presto detto: il batterista Danny Walker proviene dai grindcores Uphill Battle, il vocalist e chitarrista Leon Del Muerte ha suonato con Impaled ed Exhumed, l'altro chitarrista Sacha Dunable con i doomsters Anubis Rising mentre Joe Lester ha dei trascorsi in ambienti jazz e fusion, particolare magnificamente illustrato dal suo sontuoso modo di suonare il basso elettrico. Quello che era lecito aspettarsi, un grindcore/death metal ipertecnico, viene in parte disatteso. Gli Intronaut amalgamano tutte le proprie influenze e le proprie esperienze, plasmando un sound finale che, pur suonando estremo, fugge dai paletti imposti dal grind e dal death. Se i trascorsi circensi di Danny Walker con i pirotecnici Uphill Battle, si fanno sentire spesso - leggasi, un drumming nervoso, scattante, schizofrenico - è la spina dorsale stilistica che sorprende. La band di Los Angeles infatti, si avvicina tantissimo a quel post hardcore lunatico, paranoico, violento, così splendidamente manifestato dai sommi Neurosis nel svolgersi della loro carriera; ma attenzione!!! gli Intronaut riescono a brillare di luce propria, anche se è una fonte luminosa tetra e poco rassicurante. Il sound dipanatosi nel corso delle otto tracce, getta l'ascoltatore in profondi baratri emozionali, lacerando ogni possibile certezza con poderose, ed irruenti, bordate hardcore. Un hardcore evoluto, maturo e bilanciato alla perfezione tra violenza primitiva e romanticismo; una proposta musicale di difficile gestione e digestione, se mi passate il gioco di parole. Gestione, perché è indubbia la mole di particolari ed informazioni presenti negli oltre 50 minuti di durata del disco. Digestione, perché - quasi superfluo dirlo - non è un genere di facile presa per la maggior parte dell'audience. Ed è un peccato, visto che " Void " merita tutta l'attenzione possibile da parte dei kids. Per gli amanti del pantano post hardcore marchiato Relapse Records, ecco un nome nuovo da segnare sull'agenda.
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