Forse i doomsters francesi
The Bottle Doom Lazy Band non sono molto conosciuti al di fuori dei patrii confini, ma hanno tagliato adesso il traguardo dei quindici anni di onesta carriera in ambito doom metal. Con due album in studio, svariati split ed Ep, centinaia di concerti in Francia e nel resto d'Europa, il collettivo di Poitiers (..Giovanna D'Arco, Eleonora D'Aquitania..) può vantare una solida esperienza sul campo, soprattutto in sede live.
Ed è proprio con un disco dal vivo che i transalpini scelgono di festeggiare i loro tre lustri di attività artistica: "
2005-2020 Doom over the years", pubblicato da
Sleeping Church Records. Nove brani (più una versione acustica in studio di "
Into the necronef"), registrati in momenti diversi nel corso dei tanti tours della band e, in alcuni casi, di qualità e resa sonora medio-bassa.
Un live tendenzialmente sporco, grezzo, rugginoso, del tipo da piccolo locale per pochi intimi con le pareti che trasudano umidità ed il pavimento ricoperto da spruzzi di birra e conati di vomito. Anche se i puristi del sound immacolato storceranno il naso, c'è indubbiamente un certo fascino sulfureo nell'impatto ultra-distorto e cavernoso generato da questo lavoro. A tratti sembra di sentire i Venom che suonano doom-sludge, con un cantante che pare in delirio profetico alcolico (tipo Messiah Marcolin in botta di qualche sostanza).
I pezzi sono tutti molto lunghi, con ampie parti di improvvisazione jam-rovinosa, ed il tiro è oscuro e slabbrato come pochi. Le cadenze risultano generalmente molto lente ma c'è un sottofondo di distorsione heavy che raggiunge la tossicità dell'acid-sludge più oleoso, vedi "
Blood for the bloodking", unito ad improvvise sfuriate metalliche da pesi massimi (Down, Crowbar, Soilent Green), ad esempio nella catacombale "
Ridin' bones" che parte come un pezzo funeral e poi si evolve in una massiccia ed abrasiva cavalcata dalle coloriture Sabbathiane. Un bel percorso dall'atmosfera marcia ed orrorifica, ideale per i doomsters in cerca di sapori forti.
Troviamo anche episodi leggermente diversi, come la grezza "
Night of the living dead" (che mi ha ricordato i Reverend Bizarre) o l'incedere epico e maestoso di "
Too old", uno dei brani più notevoli in scaletta sia per il retrogusto ossianico che per i lontani echi settantiani da psycho-dark-rock.
Peccato per la presenza di qualche registrazione poco brillante (in particolare "
Space crusader") che in tempi di digitalizzazione sfrenata appare davvero fuori moda, a meno di essere cultori di un passato discografico dal taglio tanto appassionato quanto amatoriale.
Un live che comunque ci consente di rendere giustizia alla doom-band francese, poco nota ma di livello assolutamente dignitoso. Può rappresentare un buon modo di conoscerli e magari seguirli nel proseguio della loro avventura musicale.
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