Se siete dei fans irremovibili di
Foreigner,
Kansas e
Styx il quinto disco degli
Shooting Star non può mancare nella vostra bacheca.
Questo ‘
Silent Scream’ risulta in più calibrato, anche se il combo non ha mai sbagliato nulla nella loro discografia, distribuita nell’arco di sei album. E’ soprattutto la band di Topeka che suggerisce in confronto diretto con gli Shooting Star.
In primo luogo perché gli album, tranne il secondo ’
Hang on for your life’, sono costantemente suggellati e infarciti di tastiere e violini; in seconda istanza perché la stessa discografia è divisa da un periodo più pomposo, la prima parte, ed uno più aor come nel caso dei Kansas di
John Elefante. Infine gli Shooting Star sono di Kansas City, ed il motto dello Stato del Kansas è ‘
Verso le stelle attraverso le difficoltà’, quindi potrebbe avere un’attinenza con il monicker stesso della band!
Con ‘
Summer sun’ si aprono le danze e vi verrà voglia di un bel viaggetto in quel di Sausalito, splendida cittadina da cui si gode la miglior vista sullo skyline di San Francisco, luogo dove il mago
Ron Nevison ha prodotto l’album. ‘
Somewhere in your heart’ è più aor in senso stretto e potrebbe richiamare il periodo aureo dei
Survivor, di cui lo stesso Nevison fu produttore. L’album non conosce cedimenti, è un aor regale con tastiere da sogno, come nel caso di ‘
In her eyes’, davvero lontanissima dalla banalizzazione, complici anche breaks chitarristici di grande pregio. ‘
I’m getting out’ inaugura il secondo lato e lo stato di grazia continua; chi ama i Kansas di ‘
Power’ verrà costantemente sedotto da un sound altrettanto adulto, mentre ‘
Time’ è l’hard number del platter con un riff di chitarra che molte bands possono solo udire ma non comporre. ‘
Little by little’ è una ballad giocata tra West coast e Journey che li sono di casa; anche se è preferibile la conclusiva ‘
Don’t stop me now’, un incrocio tambureggiante tra il pomp degli
Spys (li troverete recensiti nelle prossime puntate) e qualcosa dei
White Sister dell’omonimo debutto, con un finale chitarristico di arroventato powerhouse.
Fate in modo che questo cristallino platter non rimanga, una volta ancora, il loro urlo nel silenzio, sarebbe delittuoso. Ah! Dimenticavo, sul primo omonimo album dell’80 ascoltatevi ‘
Last chance’, massima espressione di pomp/epic hard-rock, per capire che i Dream Theater non sono stati i primi yankee in fatto di ‘progressive’.