Ispirandosi a tematiche fantascientifiche (Dune, Alien, Vonnegut) ed orrorifiche, i neozelandesi
Planet of the Dead ci aggrediscono con il loro sludge metal greve come una colata di cemento. I ragazzi di Wellington non si pongono soverchi problemi di originalità, puntando su uno stile canonico e costruito con elementi semplici e ben definiti: rifferama cupo ed arcigno, ritmiche pesanti ed ultra-heavy, voce gutturale da cavernicolo armato di clava, basso marcio e rombante, atmosfera tenebrosa e drammatica. Classico sludge, niente più niente meno.
Evidente che i punti di riferimento del quartetto sono bands come Crowbar, Down, Electric Wizard, Acid Mammoth ed altre del genere, dalle quali il presente "
Pilgrims" trae molta della sua sostanza. Il passo mortifero e angosciante di "
Gom Jabbar" annuncia che il disco è di grana grossa, un macigno muscolare da pugni serrati e furia pronta ad esplodere. Non mancano i richiami Sabbathiani nella loro forma più pesante e metallica ("
Pilgrim", "
Nostromo"), con lieve retrogusto stoner, dove il timbro da wrestler di
Mark Mundell cerca qualche soluzione alternativa. Anche "
The sprawl" si apre maggiormente ad inserti pacati, sul genere post-metal, pur rimanendo brano di grande tonnellaggio. Un esempio che questa formazione può evolvere il proprio sound in varie direzioni, restando comunque fedele al principio di uno sludge massiccio e devastante.
Tradizionale andamento slow-doom per episodi quali "
Escape from Smith's grove" e "
Directive IV", che esprimono vibrazioni sospese tra l'horror e lo schieramento da battaglia, mentre "
Cursed earth" è un buon episodio stoner-sludge che ricorda gente come Ramesses o Black Pyramid per il tiro marcio ed opprimente ma anche per il valido utilizzo di riff coinvolgenti.
La conclusiva "
The great wave" risulta Sleep-iana fino al midollo, con un incremento delle cadenze ultra-heavy ma identica attitudine narco-ipnotica. La voce assume tonalità da tregenda, mentre la chitarra di
Malcolm McKenzie macina riff rugginosi e tombali. Niente di nuovo, ma i "kiwi" mostrano perlomeno di possedere la giusta energia da caterpillar che è distintiva del genere.
Album onesto, più che sufficiente, che pone le basi per una crescita futura. Indubbiamente però i
Planet of the Dead dovranno cercare di esprimere una personalità maggiore, per emergere in un settore che comincia ad essere molto affollato ed un poco stagnante.
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