Dopo aver catturato le mie attenzioni e i miei ascolti ai tempi del loro album d'esordio, "Keepers of the Flame" (2020), i
Greyhawk si ripresentano con questo EP, sempre per la
Fighter Records, che riprende esattamente da dove li avevamo lasciati.
Cinque brani ispirati dal più classico Heavy Metal, sempre ben articolato, mai banale, con intuizioni da non sottovalutare ed un cantante che - grazie al suo cantare su bassi registri e dai toni evocativi - riesce a dare ulteriore personalità alla proposta dei
Greyhawk. A proposito, iniziamo a segnalare che su "
Call of the Hawk" la formazione di Seattle prima si presenta con una nuova chitarrista,
Jacquelynn Ziel, poi apre le danze con "
Steelbound", US metal d’annata e con pochi fronzoli, dove i
Greyhawk mostrano i muscoli... o meglio gli artigli. "
Call of the Hawk" è una bella cavalcata metallica tipicamente eighites, dal pathos e dal chitarrismo neoclassico in grande spolvero, mentre su "
Demon Star" gli statunitensi shakerano epicità, Yngwie Malmsteen e Paul Gilbert, oltre ad una spazzolata di "The Rocky Horror Show". Ancora due brani, l'up tempo "
Shattered Heart", spinto dal drumming di
Nate Butler e sferragliata da un tagliente assolo di
Jesse Berlin, e infine il gioiellino epico "
Take the Throne", dove i
Greyhawk danno il meglio di loro, letteralmente ispirati dal cantato cangiante e solenne di
Rev Taylor.
A quasi due anni dall'esordio mi sarei aspettato un nuovo lavoro sulla lunga distanza e non soltanto un EP, "
Call of the Hawk" è comunque è un'uscita scevra di riempitivi (cover, versioni live o rifacimenti vari...) e si propone con una manciata di ottime canzoni che avrebbero potuto fare da nucleo per il loro secondo album, che a questo punto è stato evidentemente pianificato più avanti nel tempo.
Come dicevano i Griffin: "
Travelling in Time..."
Metal.it
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