In attesa di avere fra le mani il successore di “
Throes of Joy in the Jaws of Defeatism”, lavoro che secondo quanto affermato recentemente da
Shane Embury li vedrà impegnati in sperimentazioni ancora più estreme, i
Napalm Death si tengono/ci tengono occupati con l’uscita di
“Resentment is Always Seismic - a final throw of Throes”, succoso EP di sette canzoni composto da un mix di inediti e cover la cui durata importante (quasi trenta minuti di musica) lo pone idealmente vicino ad uscite appartenenti al passato prossimo ed al passato remoto della band come il famoso
“Leaders not followers” del 1990 ed il meno conosciuto
“Our pain is their power” del 2014.
La macchina da guerra è sempre ben oliata e la produzione di questo EP è in linea con quanto gli inglesi ci hanno abituato negli ultimi anni; le canzoni godono di un suono potente e pieno - di quelli capaci di spettinarci a metri di distanza dall’ampli per capirci – donando quel vestito aggressivo che tanto ci piace.
Suddividendo i brani fra inediti e cover, senza tener conto della scaletta possiamo così riassumere brevemente (e comodamente)
“Resentment is Always Seismic - a final throw of Throes”:
“Narcissus” ,“Be proxy”, “Man bites dogged” (drumming eccellente di
Herrera), “e la più dissonante
“Slaver through a repeat performance” sono in linea con quanto sentito in
“Throes of joy…”, ovvero diritte in faccia, senza fronzoli alcuni in piena sintonia col concetto stesso di “core” distruttivo alla base del movimento nato negli anni 80. Con
“Resentement always simmers” invece i Padrini del Grindcore riallacciano il filo con la loro anima più sperimentale, creando un pezzo dall’incedere lento, contorto e sofferente che punta non tanto all’annichilimento quanto all’alienazione di chi ascolta.
Sulla finale
“Resentment is always seismic” invece ci inoltriamo nei territori appartenenti al nuovo progetto industrial/ambient di
Shane Embury, i Dark Sky Burial: il cielo si rabbuia, viviamo una realtà distopica e le atmosfere diventano apocalittiche. Decisamente interessante, ma il progetto parallelo del prolifico
Shane meriterà un approfondimento separato in sede opportuna.
Per quello che riguarda le due cover presenti, “
Don’t need it” dei
Bad Brains è la tipica scheggia che ci si aspetta quando si mette su un cd della storica band proveniente da Washington: ovvero una traccia intensa, schizoide e adrenalinica che brucia in poco più di un minuto,
“People pie” degli
Slab! è un anomalo, quanto accattivante, brano di puro bass & synth iperdistorto il cui compito, a modo suo ovviamente, è quello di far tirare il fiato a metà del guado.
Mi si conceda un’ultima considerazione: la voce di
Barney Greenway non risente affatto del tempo che passa. L’aggettivo formidabile è riduttivo, quest’uomo non è un semplice performer è una sicurezza granitica.
Sarà banale, ma i N
apalm Death sono sempre i
Napalm Death.
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