Non vi è alcun dubbio che
Jeff Beck sia stato uno dei più influenti chitarristi della scena inglese dei sixties; sin dai tempi della swing London in seno agli
Yardbirds, band di capitale importanza che fece da ponte all'epoca della 'first invasion' del blues britannico (
Alexis Korner,
Blues Incorporated, i
Bluesbreakers di
John Mayall), traghettandola verso lidi marcatamente hard degli
Zeppelin e
Cream. Quante band hanno copiato lo stile chitarristico di Beck nei '70? Molte!
Vi basti pensare ai
Cheap Trick o
Aerosmith su tutti ed avrete già un valido spettro. Poteva dunque mancare il sigillo di Jeff allo scadere degli '80, quando la figura del guitar hero, specialmente nell'heavy metal, era piuttosto in auge? Certamente no.
Dall'alto della sua classe Beck partorì questo geniale '
Guitar Shop', intelligente quanto basta per non concedere niente all'ondata revaivalistica da quattro soldi che anche in quegli anni d'oro si abbatteva con furia, soggiogando i fruitori di musica meno scafati. Tanto meno quest'opera si traduceva in un bieco tentativo di riconversione metal del nostro: vi pare che un talento come il suo, dopo aver dato lezioni ante litteram di chitarra hard (persino a
Jimmy Page!) dovesse confrontarsi con i vari
Vinnie Moore o
Tony MacAlpine? Suvvia, siamo seri.
No, 'Guitar Shop' suggestiona per essere ancora oggi un disco senza tempo. Non a caso è della partita anche il terrificante drummer
Terry Bozzio (ex
Missing Person e, soprattutto,
Frank Zappa). Mentre alle tastiere troviamo
Tony Hymas, un session man che ci dimostra tutto il suo valore nell'arrangiamento dei brani.
Genericamente 'Guitar Shop' sfugge ad una specifica catalogazione, risultando un magnifico affresco di rock mutante: snello, spigliato nella forma, ma anche molto tecnico, senza però perdere di vista il feeling, tanto che i ritmi reggae di '
Behind The Vail' avrebbero potuto tradursi in hit anche senza il cantato. La musica, interamente strumentale, è foriera dello splendido disegno riportato sulla cover, dove troneggia una stazione di servizio in pieno stile anni '50, immersa in uno sconfinato scenario rurale americano. La stazione però non ripara auto, ma chitarre. Come dire: la strada ed i mezzi di trasporto hanno segnato la storia degli yankee, in quell'eterno sogno in moto perpetuo verso l'ultima frontiera. Bene, cosa dunque meglio di questo 'Guitar Shop' come propellente?
La musica sembra anch'essa in movimento, alla ricerca di qualcosa di non ben definito. Materia sonora che sembra appositamente plasmata per moderni pionieri/viaggiatori. Ancora oggi sono sedotto dal suo fascino.