Reduci da un apprezzatissimo debut album che aveva fatto trepidare di gioia più di un amante dei suoni tipicamente anni ’80, tornano sulle scene gli svedesi Wolf, forti di una produzione decisamente migliore, seppur orientata verso suoi in voga due decadi fa, e 9 brani decisamente convincenti. Il quartetto sin dalle prima note mostra di non voler correggere troppo il tiro rispetto al disco del’99, un vero gioiello di puro heavy metal pesantemente influenzato dalla NWOBHM, limitandosi ad apportare pochi cambiamenti al sound, rendendo il risultato finale più oscuro e veloce ma non stravolgendo assolutamente la rodata formula vincente (alcune soluzioni arrivano addirittura a ricordare i primi lavori dei Silver Mountain). “Black Wings” paga tributo ad un suono datato ma ancora attuale, suonato con passione ed interpretato in maniera magistrale da un singer dotato di una timbrica decisamente particolare, molto istintiva ed aggressiva, lontana dalle performance tecnicamente ineccepibili ma eccessivamente fredde dei suoi più quotati colleghi. Agli Wolf va il merito di sapersi distinguere in una scena sempre maggiormente orientata verso sterili tentativi di plagio nei confronti della scuola power tedesca; fra i nove godibili brani di “Black Wings” spicca l’ottima cover del classico “A Dangerous Meeting”, opener del seminale “Don’t Break The Oath”, capolavoro dei danesi Mercyful Fate, un’altra band che di certo ha segnato la crescita musicale dei quattro svedesi. Un disco che non potrà deludere i sostenitori del metal più classico e datato, ma che potrebbe far breccia anche nel cuore di chi il suddetto movimento lo ha scoperto con la nuova ondata power. Peccato che le vette raggiunte dal primo lavoro siano rimaste insuperate.
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