Gestazione lunga quella di
'Ritual Of The Warpath', debut album degli australiani
Ironhawk. Nati infatti nel 2012, ci son voluti ben dieci anni, e due EP nel mezzo (tra l'altro di buonissima fattura) per farsi notare dalla
Dying Victims e poter riuscire finalmente a portare alle stampe il tanto agognato debutto. Un lasso di tempo che, va comunque detto, ha premiato il terzetto mostrando molto bene le loro capacità, che non si fermano a un mero assalto sonoro da uno o due ascolti per poi essere riposto sulla mensola.
Trovando infatti ispirazione da band come Venom, Bathory (l'influenza più netta a parere di chi scrive), primi Motorhead, Onslaught e Sodom, gli
Ironhawk hanno saputo da una parte mostrare il loro lato più 'marcio' e di impatto, ma dall'altra mostrare anche di saper creare delle atmosfere in alcuni spazi ben precisi, e anche dei riff e piccoli cambi di tempo qua e là davvero interessanti.
'The Final Crusade' arriva come un pugno sul volto, dopo una breve intro, e discorso simile è per
'Signal To Oblivion', ma già passando alla parte centrale dell'album notiamo come su
'Eternal Winter' la band giochi su ritmi più cadenzati con il basso in primo piano, richiamando come detto poco prima in maniera molto prepotente i Bathory.
'Gates Of Beyond' non fa eccezione, e la tracklist è effettivamente composta in maniera abbastanza omogenea, tra canzoni più dirette ed altre dove si nota che gli
Ironhawk stanno tentando altro, pur rimanendo comunque nei territori a loro congeniali. Prendiamo ad esempio
'Sanctimony', con un riff che ci ributta senza mezzi termini negli anni 80', dove era presente una prima estremizzazione dell'heavy metal classico in un sound più sporco e diretto.
Non fatevi ingannare dai prim minuti di ascolto dunque, poichè
'Ritual Of The Warpath' saprà sicuramente regalare qualche momento interessante a chi saprà coglierlo, complice anche la durata non troppo estesa, sotto i quaranta minuti.
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