Chiariamo subito un fatto: reggere ottanta minuti di musica senza risultare sovrabbondanti, eccessivi, stucchevoli, pedanti, prolissi, non è impresa alla portata di tutti. Se poi parliamo di rock pesante, acido, con forti venature di psichedelia dura, la faccenda diventa davvero titanica e provocatoria. I
Grave Bathers se ne sbattono altamente di ciò che penso io, così esordiscono con un monolito impressionante ed allucinato che tritura per un'ora abbondante qualsiasi cosa che rientri nel rock, nell'heavy e nella psichedelia. D'altronde sono cinque figuri di Philadelphia, a metà strada tra hipsters e post-hippies, che solo a guardarli capisci la loro frequentazione di trip marci e devastanti. Inoltre alcuni di loro agiscono da tempo nell'underground stoner-psych Usa, come il chitarrista
Jaret Salvat-Rivera con gli Heavy Temple ed il drummer
Sean Lafferty con gli Yatra. Gente dalla mano pesante e dal tiro spesso, capaci di riversare tonnellate di fuzz e hypno-groove sui malcapitati ascoltatori. Manna dal cielo per gli amanti del sound ipersaturo, colloso, magnetico e stordente.
Difficile descrivere tutte le sfumature sonore di questo lavoro, anche se potremmo sintetizzare come un flusso che parte dai Blue Cheer e dagli Mc5, si alimenta dell'atmosfera lisergica degli Hawkwind ed infine si modernizza alla maniera di Ecstatic Vision, Datura4, Joy, Mountain Tamer, ecc. Tanta energia selvaggia, impetuosità garage, torrenziale spirito jammistico, granulosità heavy-psichedelica, spalmati in brani medio-lunghi ricchi di continui cambiamenti di ritmo ed atmosfera. In sostanza se gli statunitensi adottano in tutto e per tutto la moderna filosofia di uno psych-sound ipersaturo e grondante groove, la dilatano in percorsi tumultuosi e ridondanti che ci riportano al mood settantiano di nomi come Iron Butterfly o Cactus (tanto per rendere l'idea) ma pompato con tonnellate di gasolio heavy da esplosione vulcanica.
Cito come esempio l'iniziale "
Ghost'em all", titolo che probabilmente richiama un ben più famoso "Kill'em all" di altra matrice stilistica. Ma la furia bellicosa che sottende a questo brano non è così lontana da quella dei primi Metallica. Si trova nel tiro grezzo e ustionante, nelle vocals rauche di
Drew Robinson, negli stacchi veloci e nei rallentamenti torbidi, negli assoli incendiari e nel rivestimento sporco e dilaniante della canzone. In effetti, non sarebbe così eccessivo dire che i
Grave Bathers sembrano una thrash-garage band improvvisamente conquistata dagli spiriti dello stoner e del rock allucinatorio.
Nel disco i cinque della Pennsylvania giocano tutte le carte possibili ed immaginabili: dall'assolo di batteria (che pensavo ormai estinto a livello discografico) all'interno dell'infuocata "
Brain thief", passando per gli echi doomy della lenta e massiccia "
The mole" (qui emerge l'inevitabile debito ai Black Sabbath), lo stoner rozzo e cafone ma stracarico di groove ("
Tarman cometh"), il sensuale porn-bluesy-psych della title-track (con una seconda parte che quasi sperimenta una sorta di jazzy-stoner), il riffone ipnotico e l'andamento ciondolante di "
Mongoloid supreme" (titolo non politically correct) fino ad arrivare al monumentale trip acido di "
Vampire of the rock operator", una mini-suite di dieci minuti dove potete trovare di tutto e di più in fatto di heavy-sound. Il tutto interpretato al massimo volume, alla massima distorsione, con un sottofondo di rabbia psicotica e di ribellione tossica da gang di motociclisti incazzati. La conclusiva "
Ape-like thing" sembra davvero l'omaggio definitivo al rock primitivo, primatesco, archetipico, con le sue ritmiche selvatiche e cavernicole ed il suo incedere tortuoso da sballo drogato del sabato sera.
Sicuramente una formazione che ama suonare senza porsi troppi limiti spaziotemporali, più orientata verso il free-form che la concisione schematica e che si rivolge a rockers che amano sprofondare nella musica facendosi assorbire in maniera totale, ma senza rinunciare a potenti scariche di adrenalina ed alle stimolazioni epidermiche.
Un lavoro per amanti del rock psichedelico più pesante e caotico, poderoso ed esagerato, settantiano e contemporaneo al tempo stesso, impegnativo ma abbondante di spunti ed intuizioni brillanti. Una vigorosa rivisitazione attuale di una qualsiasi acid-band del lontano passato. Non li consiglio a tutti, perchè la ridondanza un pò selvaggia e tribalistica è caratteristica che raramente incontra i favori della maggioranza, ma a me i
Grave Bathers sono piaciuti parecchio. Una delle migliori rivelazioni dell'annata in corso.