Il primo cambio di logo dal 2003 a oggi mi aveva incuriosito e, contemporaneamente, preoccupato. Che i
Riverside non fossero più gli stessi dalla morte del compianto
Piotr Grudziński è risaputo, e
“Wasteland” aveva in parte confermato questa impressione, complice la sua atmosfera “monocromatica”, per usare le parole dello stesso
Mariusz Duda.
Il nuovo
“ID.Entity” è sicuramente di diversa fattura (a volte diversissima), pur suonando
Riverside al 100%. Gli episodi più spiazzanti sono sicuramente l’introduttiva
“Friend Or Foe?” e la conclusiva
“Self-Aware”, infarcite di richiami agli anni Ottanta, sia nei timbri di chitarre e sintetizzatori sia nelle linee vocali, in alcuni momenti pure disimpegnate (sono molto curiosi anche gli accenni reggae della seconda).
Ma la band progressiva delle origini si sente chiaramente nelle spigolose e più essenziali
“Landmine Blast”, “Post-Truth” e
“I’m Done With You”, con il leader impegnato a tenere le redini di una formazione davvero esplosiva. Le “provocazioni” iniziali - viene ironicamente chiesto di accettare termini e condizioni di utilizzo prima dell’ascolto della canzone - della nervosa e ipnotica
“Big Tech Brother” fanno il paio con le sonorità caleidoscopiche della lunga
“The Place Where I Belong”, capace di passare dal pop più leggero al rock blues più selvaggio con sorprendente facilità.
Dopo vent’anni di onorata carriera, i
Riverside hanno ancora molto da dire.
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