Per il look colorito ed estroverso, l'usanza di pittoreschi soprannomi d'arte, anche per alcune caratteristiche del sound, I Deadly Tide cercano di far parte della sparuta schiera di nostalgici del glam/street ottantiano, genere che all'epoca fu posto agli antipodi del metal ma che oggi pare sempre più sdoganato e rivalutato. Il quartetto, del quale purtroppo non possiedo alcuna nota biografica, alimenta la sensazione esibendo caratteristiche di questa branca rock. Riffs asciutti e quadrati, assoli brevi ed incisivi, parsimonioso uso delle tastiere per addolcire le canzoni, un discreto cantante che spinge sulle tonalità pulite ed acute senza risultare fastidioso. Però la componente stradaiola e sguaiata è troppo limitata, quasi assente quel carnale svaccamento rock'n'roll che ha fatto la fortuna dei vari Twisted Sister, Motley Crue, Poison, ecc. L'unica traccia realmente impostata in questo senso è la tosta "The drunk", che mi piacerebbe ascoltare dal vivo, magari un po'accellerata ed indurita. Gli altri brani sono di consistenza più soffice e melodica, con una vena passionale e romantica che arriva a sfiorare i territori del rock-fm nella lenta ballata "No more lies", episodio gradevole ma di poca personalità. Ed è proprio nell'originalità che la band può migliorare visto che le basi ci sono, vedi l'interessante sviluppo contrastato sia di "Song for Nina" con qualche eco di Europe, sia di "Never goodbye", continua alternanza di picchi hard ed ampie pause melodico-riflessive.
In sostanza i Deadly Tide per il momento sembrano ancora alla ricerca di un indirizzo definitivo, che potrà perfezionarsi nella direzione hard'n'roll aumentando il tasso di ruvidità energica, oppure in ambito melodic-rock migliorando l'orecchiabilità della proposta.
E-mail:
deadlytide@tiscalinet.it
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