Copertina 7

Info

Anno di uscita:2023
Durata:non disponibile
Etichetta:Pride & Joy Music

Tracklist

  1. GAMECHANGER
  2. APHRODITE’S EYES
  3. WELCOME TO THE SHOW
  4. OPERA
  5. KARENINA
  6. 1995
  7. DORIAN GRAY
  8. I CAN’T GET ENOUGH
  9. THE FINAL CALL
  10. LOVE FROM TOKYO
  11. IT’S NOT TOO LATE

Line up

  • Michael Erlandsson: vocals, keyboards, guitars
  • Pontus Åkesson: guitar
  • Robban Bäck: drums
  • Claes Andreasson: piano
  • Magnus Rosen: bass

Voto medio utenti

Starflower” è il quarto album degli Autumn’s Child e per la quarta volta ho la netta impressione che da Mikael Erlandsson e dai suoi valorosi pards sia lecito attendersi qualcosa di maggiormente “ispirato”.
Intendiamoci, il disco è piacevole ed è anche apprezzabile il tentativo di spaziare (almeno un po’ …) tra le varie sfumature dell’hard melodico, sulla scia del precedente “Zenith”.
Il fatto è che da questi musicisti, a partire dall’ugola educata di Mr. Erlandsson, sarebbe lecito attendersi qualcosa di più di un disco che si “lascia ascoltare”, offrendo solo qualche guizzo espressivo veramente “importante”, pur senza allontanarsi dai dogmi del genere.
Ed è proprio la presenza di tali “scatti” a suffragare la convinzione che il gotha del settore è alla portata del combo svedese, capace, dopo l’accattivante atto d’apertura “Gamechanger”, di piazzare in sequenza la melodia ficcante e ispanica di “Aphrodite’s eyes”, una felice celebrazione ottantiana dal titolo “Karenina”, un bel numero Cheap Trick-iano come “1995” o ancora l’elettricità soffusa di “I can’t get enough” e il clima crepuscolare di "Love from Tokyo", non distante da certe cose di Gary Moore.
La restante maggioranza del programma rimane un po’ a galleggiare sulla superficie della suggestione emotiva, sospeso tra ostentazioni di energia soltanto gradevoli (“Welcome to the show”), esercizi di devozione Queen-esca leggermente stucchevoli (“Opera”), enfasi zuccherina “pericolosamente” vicina al livello di guardia (“Dorian Gray”) e attacchi di Bon Jovi-ite non molesti ma poco “caratterizzati” ("It’s not too late”).
Tra le due situazioni si colloca, infine, “The final call”, un tributo all’arte spensierata di Bryan Adams / Rick Springfield piuttosto efficace, da aggiungere ai “pro” di un’opera che anche se priva di autentici “contro” non raggiunge la sperata pienezza artistica.
Gli Autumn’s Child rappresentano quindi per ora una “incompiuta” di classe superiore, che, da esigenti fans, attendiamo con incrollabile fiducia alla svolta “definitiva”.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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