Ed ecco che con gli
Asylum Pyre mi torna alla mente quella definizione di Minipimer Metal che avevo coniato qualche tempo fa e, pur su coordinate diverse, ritrovo l'approccio spiazzante ed ingannevole degli ungheresi Subscribe. Un sacco di ingredienti e svariate influenze messe a ribollire nelle loro composizioni, e pure con lo stesso risultato: mi piacciono.
Già al loro quinto full length, gli
Asylum Pyre mettono in mostra un assortimento di idee che potrebbero essere venute in mente ad un Devin Townsend o ad un Serj Tankian alquanto alticci, e aprono le danze con quel corno ed i cori tribali di "
Virtual Guns" che in un bel crescendo accompagnano lo sferragliare delle voci dei due cantanti, quella feroce di
Johann Cadot (anche alla chitarra) e quella decisamente più armoniosa di
Oxy Hart, alias di Ombeline Duprat, nel gruppo solo dal precedente "N°4" (2019) ma che sin da subito dà prova della propria importanza nell'economia del sound della formazione francese. E lo conferma nei toni ammiccanti ed elettronici della seguente "
Fighters", che a dispetto del titolo preferisce puntare sulle melodie, per quanto arzigogolate e quasi Pop, più che provare ad accendere gli animi. Giusto per non farsi mancare nulla, ecco che su "
The True Crown (I Seek Your War)" si intrecciano arpeggi di chitarra acustica e suoni di flamenco, rimandi alla Nightwish ed un refrain fin troppo lezioso che cozzano con un cantato in growling ed un insistito guitarwork. E se di fronte alla manifesta polimorfia degli
Asylum Pyre, finiscono per non stupire quel mix tra Jazz, Funky, Soul e MetalCore che affiora da "
Happy Deathday" e tantomeno le tastiere spaziali di "
There, I Could Die", perché dovremmo poi storcere il naso ai rimandi a Lacuna Coil ed Evanescence che si avvertono su "
Sand Paths"?
No. Non dovremmo.
Infatti, gli
Asylum Pyre nel corso di "
Call Me Inhuman – The Sun – The Fight – Part 5" riescono - pur nel maelström sonoro che mettono in piedi - a non risultare né chiassosi né arruffoni, anzi le canzoni restano scorrevoli e vivaci, un mood che ritroviamo anche nella seconda metà dell'album, dove i due estremi sono rappresentati dall'incisività dell'accattivante "
The Nowhere Dance", con una marcata influenza da parte degli Stratovarius, che comunque gli
Asylum Pyre non si fanno scrupolo a stravolgere e piegare ai propri voleri, e la conclusiva "
Call Me Inhuman", breve ed acustico epilogo dove sintetizzatori e strumenti folk si accomiatano andando a riprendere le atmosfere dell'opener. Nel mezzo inciampiamo nelle indecifrabili "
A Teacher, a Scientist & a Diplomat" (si potrebbe provare con un Funky & Pop Metal), "
Underneath Heartskin" (e qui forse ci starebbe pure un Folk & Gothic AlternativeRockCore), e l'epica e quasi Prog "
Joy" (che si non fa mancare nemmeno un assalto di stampo Death Metal), mentre "
The Mad Fiddler" sfoggia un'inconsueta semplicità e linearità.
Un disco, a sorpresa, mai spigoloso o disturbante e che si approccia con l'intento ed il piacere di scoprirne sempre nuovi risvolti ed anfratti.
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