I
Blazon Rite danno seguito al loro primo album, "Endless Halls Of Golden Totem" uscito del 2021 (l'anno prima avevano già realizzato l'EP "Dulce Bellum Inexpertis"), con il nuovo "
Wild Rites And Ancient Songs" e nuovamente con il supporto della
Gates of Hell Records, dove oltre a fare un ulteriore passo avanti, sia nel songwriting sia nella fase esecutiva (soprattutto da parte di
Johnny Halladay) e rinunciando agli inserti di synth, confermano di avere tutte le caratteristiche per impressionare anche uno stagionato metallaro come il sottoscritto.
Una certa pomposità che si potrebbe avvertire nello scorrere i titoli delle varie canzoni non trova alcun riscontro nella controparte musicale, all'insegna di un Heavy Metal tradizionale e dai toni epici ed anthemici, dove si possono riscontrare rimandi a Iron Maiden, Manilla Road, Omen, con un approccio che spesso mi ha fatto venire in mente i The Lord Weird Slough Feg.
L'opener "
Autumn Fear Brings Winter Doom" è, infatti, una canzone che guarda alla fase iniziale della N.W.O.B.H.M. ed alle prime uscite degli Iron Maiden, mentre la successiva "
Salvage What You Can of the Night" parrebbe accogliere l'influenza dei Running Wild, più evidenti nel chorus ma che serpeggiano lungo tutto il brano. Segue quindi "
The Fall of a Once Great House" che si avvia come una triste ballad alla Nick Cave, con in bella evidenza la voce ruvida ma calda e profonda di
Johnny Halladay, poi entrano in gioco le chitarre di
James Kirn e
Pierson Roe che ci spronano alla seconda metà del brano, che si fa più intenso e muscolare, al pari della seguente "
Mark of the Stormborn Riders" che svela un approccio strumentale tipicamente eighties, in un crescendo di intensità e con tutti e cinque componenti della band che paiono fare a gara nel dare il meglio di sé.
Inizialmente bucolica, con tanto di cinguettii accompagnati dalla chitarra acustica, ma ben presto la titletrack cambia pelle, lanciandosi in un maelström sonoro assolutamente Heavy Metal, dove a far la parte del leone è la solista di
Pierson Roe, che poi non si quieta nemmeno nella successiva "
Troubadours of the Final Quarrel", una canzone di scintillante Epic Metal che non avrebbe stonato su "Battle Cry" degli Omen o su "Flight of the Griffin" dei Griffin.
Stupisce, infine, la scelta cimentarsi in un brano che celebra il Solstizio d'Inverno quale "
The Coming Tide of Yule", in una prova comunque sempre dedita al True Metal pur con una vibrazione seventies, e a questo punto punterei il dito anche verso la copertina del disco (realizzata nuovamente da
Matt Stikker) con tanto di castello e di monti innevati, che parrebbe fuori luogo visto per il periodo di uscita dell'album, in piena Primavera, anche se è più che probabile che i piani iniziali fossero altri.
Beh... prendiamolo come un promemoria per quando, sul finire dell'anno e di fronte ad un caminetto accesso e schioppettante, sarò alle prese con l'improbo compito di dover stilare la Top Ten del 2023, nella quale posso già prevedere sin da ora l'inclusione dei
Blazon Rite e del loro "
Wild Rites and Ancient Songs".
Metal.it
What else?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?