Lo so, lo so: in molti considerano il precedente “
Impera” un ottimo lavoro.
De gustibus.
Io, a distanza di un anno abbondante, continuo a ritenerlo episodio esangue e spoglio di quella patina horror / occulta, commerciale ed insincera quanto volete, ma per me imprescindibile nell’economia del
Ghost-
sound.
O no?
A voler essere onesti, nemmeno il nuovo “
Phantomime” pare forgiato nelle tenebre perenni di
Mordor. Perlomeno, gli si può riconoscere la (flebile) attenuante di configurarsi come il tradizionale
EP di
cover dei Nostri, immesso dunque sul mercato per tenere alta l’attenzione tra un
full e l’altro.
Ad ogni modo, anche prescindendo dalle rimostranze di un fedele adoratore delle atmosfere deliziosamente oscure contenute in “
Opus Eponymous” e “
Meliora”, mi sento di poter catalogare il neonato di casa
Forge come il più classico dei lavori piacevoli eppur in alcun modo imprescindibili.
Il dipanarsi della
tracklist non fa che corroborare la tesi, lanciandosi in traiettorie qualitative pressoché sinusoidali.
Si parte, infatti, piuttosto in sordina, con una rivisitazione insipida e sin troppo solare di “
See No Evil” dei
Television, per poi alzare l’asticella con una incalzante versione di “
Jesus He Knows Me” dei
Genesis, in grado di coinvolgere senza patemi l’ascoltatore e di penetrargli il cervello grazie al liberatorio
chorus.
Si torna dalla parte sbagliata della carreggiata con la successiva “
Hanging Around”, che sfoggia un interessante arrangiamento iniziale, a cavallo tra
Deep Purple e primi
Uriah Heep, per poi tuttavia smarrire man mano mordente. Chi vi scrive poi, per sovrappiù, non ha mai particolarmente apprezzato i
The Stranglers.
Problema diametralmente opposto si pone per la successiva “
Phantom of the Opera”, canzone che venero composta dal gruppo della mia vita.
Come siamo andati?
In rete i pareri si sprecano, alcuni dei quali anche -sulla carta- autorevoli [
mi riferisco ovviamente al sempre diplomatico e articolato Paul Di’Anno]; la mia umile opinione è che dal punto di vista strumentale, pur senza osare granché in termini di rielaborazione, si sia svolto un grande lavoro. Sotto il profilo canoro, invece, ho trovato l’impostazione di
Tobias troppo educata e priva di quell’elemento aggressivo e stradaiolo che ha fatto la fortuna di quel brano e, più in generale, dei primi due indimenticabili
platter targati
Maiden.
Da notare il piccolo accorgimento operato sulle
lyrics, che in alcuni punti passano dalla seconda alla prima persona singolare, così da sposare il punto di vista diretto del fantasma; una minuzia per
fans nerdacchioni come il sottoscritto, me ne rendo conto, ma comunque apprezzabile.
Si chiude, ahimè, con una nota agrodolce: sto scrivendo queste righe a poche ore dal triste decesso di
Tina Turner, inconsapevolmente celebrata dai
Ghost con la
cover di “
We Don’t Need Another Hero”, senza dubbio uno dei suoi maggiori successi.
Ebbene, sono lieto di affermare che le è stata resa giustizia: anche in questa occasione, la debordante vocalità della cantante non può essere replicata dal buon
Forge, che saggiamente nemmeno ci prova, fornendo una reinterpretazione più vicina alle sue corde. La resa del brano, in generale, è impeccabile, con una linea di basso davvero efficace.
“
Phantomime”, come anticipato, vive di luci ed ombre, e non permette di sciogliere i dubbi circa lo stato di salute dei
Ghost. Per ora può comunque andar bene così, ma urge una prova maiuscola in occasione del prossimo
album.
Io ho fiducia.