I danesi
Anubis Gate sono una di quelle bands che non hanno mai goduto di grandi fortune; dotati di una tecnica eccellente e di un sound unico e conturbante, a cavallo tra prog e power, hanno sempre prodotto piccole perle di dischi, ma, per dirla in francese, ce li siamo sempre ca*ati in tre. Ed è non un peccato, ma un sacrilegio, perché la band è ben più che valida. Ecco che arriva giugno 2023, e scopro per caso dell'uscita di "
Interference", il nuovo album della band. Tanto pompato che la label neanche lo ha fatto arrivare in redazione... Ho dovuto aspettare che uscisse, insomma, per farlo mio e poter scrivere poi queste parole. Assurdo. Non che loro siano i maestri della comunicazione eh, credo che in questo se la giochino con i Symphony X...
Ma torniamo a bomba su "Interference", dunque. Album in puro stile Anubis Gate, intricato, potente ma con una carezza inaspettata sempre dietro l'angolo; ogni singolo brano di questo dischetto è costruito a partire dalla perizia immensa dei musicisti coinvolti, regalando a volte momenti fusion dentro sfuriate power ("
Number Stations") ed un livello di ricercatezza che molte altre bands semplicemente si sognano. Il prog metal che è la solida base della band qui viene piegato, contaminato, ma senza mai perdere la sua natura di 'musica di ricerca, obliqua, mai incasellabile', che dovrebbe essere caratteristica precipua di ogni album del genere. Condisce il tutto un generale mood malinconico e un pelo più oscuro che in passato, che forse me li avvicina agli ultimi Evergrey, eccezion fatta per la splendida performance vocale di Henrik Fevre. Ma, ancora una volta, il nuovo album degli Anubis Gate è un ascolto sicuro, per la qualità, la varietà e l'incredibile mole di creatività che i danesi riescono a mettere in ogni disco.
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