Il nuovo disco dei
degreed riuscirà a togliermi tutti i dubbi sulla loro personalità artistica, ormai ridotti al lumicino dopo l’eccellente prova di “
Are you ready” e tuttavia ancora piuttosto persistenti nelle mie valutazioni ad ampio spettro sulla scena melodica odierna?
Non so quanti siano interessati a tale “epocale” riflessione scaturita immediatamente alla notizia dell’uscita di questo “
Public address”, ma a chi eventualmente condividesse le suddette perplessità, dico subito che l’albo in questione è un (piccolo) ulteriore passo in avanti verso la consacrazione definitiva degli svedesi.
Tutto è più “esplosivo” nei solchi dell’opera … i suoni, i ritornelli, le chitarre, le ritmiche e anche il
songwriting appare palesemente mirato a suggestionare all'istante gli estimatori del settore, indipendentemente dalla loro generazione di appartenenza.
Un prodotto altamente competitivo, dunque, che sa miscelare ad arte tutti gli ingredienti costitutivi dell’
hard melodico, arrivando, come pochi altri sanno fare, a “svecchiarne” senza stravolgimenti gli elementi maggiormente celebrativi.
E allora, tutto “perfetto”?
Beh, quasi, nel senso che a mio modo di vedere e “sentire” le cose, ai nostri manca ancora uno
zinzino di carisma espressivo, un minimo incremento di quello spessore emozionale che trasforma “magicamente” una bellissima canzone in una indelebile e balsamica “ossessione”
cardio-uditiva.
Un
sortilegio che i
degreed dimostrano di saper attuare, per esempio, nella splendida "
The way of the world” (un vero gioiellino di risoluta passionalità), mentre altrove, vedasi le dirompenti “
Big plans” e “
Who are you (To say)”, pur molto accattivanti, si privilegia un approccio maggiormente epidermico e appariscente.
Poco male, in realtà, perché si tratta di brani, come anticipato, di notevole valore, al pari della
synth-ballad “
This is love” e di una “
Ride along” dal
groove contagioso e
anthemico, diretto discendente di maestri quali Trixter e Def Leppard.
Con la melodia Bon Jovi-
esca di “
Free again” e il tocco vagamente
prog di "
Resist the urge” ci si avvicina di nuovo “pericolosamente” al concetto di eccellenza espressiva già descritta qualche riga più in su, e dopo il gradevole romanticismo sinfonico di “
Don't be a stranger”, tocca a “
A safe place” dimostrare come i nostri abbiano tutte le carte in regola per dire la loro anche nella radiofonia contemporanea.
In dirittura d’arrivo della scaletta, alla grinta
electro un po’ posticcia di “
No one”, è decisamente preferibile l’energia pulsante ed effervescente di “
For you” e l’impeto nervoso e incalzante di “
Pressure”, degna conclusione di un album complessivamente parecchio riuscito e coinvolgente.
Il “guanto di sfida” al
gotha scandinavo del genere (H.E.A.T., Eclipse, Seventh Crystal, …) è lanciato e anche se per ora il confronto li vede in una condizione di minimo svantaggio, i
degreed rappresentano una seria “minaccia” per molti dei loro blasonati colleghi.
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