Alcune persone, molto più di altre, nascono per fare qualcosa ed in quello che fanno rappresentano l'eccellenza, alla faccia del "siamo tutti uguali".
Questo è il caso dei finnici Aegrus i quali, con una classe cristallina, sono nati per suonare Black Metal e per suonarlo in maniera diabolica.
Nessun dubbio su questo. Nessuno.

Il loro quarto album, rilasciato da Osmose, è una sorta di manifesto di quello che è il metallo nero di scuola finlandese, sublimato in sette composizioni che non hanno un punto debole poiché create con la giusta devozione ad un suono immortale, un suono che ti penetra nell'animo e lo ghiaccia fino nel suo profondo.
Ogni cosa all'interno di "Invoking The Abysmal Night" è concepita con maestria, partendo da un riffing micidiale, passando per una sezione ritmica che non concede cali di tensione, arrivando ad una prova vocale feroce ed inumana e completando il tutto con una vena di cupa melodia perfettamente incastonata all'interno dell'assalto all'arma bianca di un album che, in queste sonorità, difficilmente potrà essere superato.
Rispetto al passato, gli Aegrus dimostrano la non scontata capacità di sapersi evolvere senza snaturare il proprio suono e la melodia alla quale accennavo prima (davvero clamorosa in alcuni passaggi), certamente più presente rispetto agli album precedenti, rappresenta una novità molto interessante nella sua capacità di rendere la violenza ed il gelo del Black Metal ancora più misantropico e satanico di quanto già non lo fosse grazie ad un calcolato contrapporsi di elementi, solo in apparenza, distanti tra di loro ma, in realtà, perfettamente integrati nel dare voce al messaggio malvagio ed epico del gruppo finlandese.

"Invoking The Abysmal Night" è, dunque, un album tradizionale (nel senso migliore del termine), iconoclasta, devastante, luciferino, maestoso e dannatamente intriso di fierezza ed afflato epico, un album che ci riconcilia con il vero senso della musica estrema: emozionare attraverso il disprezzo per ogni forma di compromesso.

Il nero cala, ancora ed ancora.