Trent'anni di carriera.
Almeno (e mi tengo stretto) un paio di
capolavori da scolpire sul marmo dorato dell'altare del Metal tutto.
Concerti che hanno messo a ferro e fuoco ogni parte del Mondo.
Una coerenza artistica, ed intellettuale, da fare invidia anche a nomi molto più importanti e popolari.
Questo, in sintesi estrema, sono i
Primordial, una band che non dovrebbe avere nessun bisogno di essere raccontata troppo a lungo perché, a parlare per lei, ci pensa la sua musica la quale, in tanti anni, non ha mai deluso.
"How It Ends", il decimo lavoro in studio degli irlandesi, giunge, dunque, a coronamento di una carriera perfetta e ci consegna un gruppo che, nonostante il titolo del disco, ha ancora molto da dire, sebbene non sarebbe stato "corretto", o realistico, aspettarsi un nuovo capolavoro da tramandare ai posteri perché, dopo tutti questi anni, fisiologicamente, anche i
Primordial non potevano viaggiare sulle ali della pura eccellenza.
"How It Ends" non è un bel disco?
Assolutamente no, la classe rimane intatta, le melodie, come sempre, dense di drammaticità, lo spirito epico possente come pochissimi sono in grado di proporci, il metal estremo (sempre più lontano dal black degli esordi), finemente irrorato di rimandi celtici e tragica fierezza, ancora una volta personalissimo e scevro da qualunque plasticosità di sorta.
E poi, oggi come ieri, LA voce di
Averill assoluta, e straordinaria, protagonista con il suo tono inconfondibile che marchia a fuoco ogni attimo di un lavoro omogeneo, stentoreo, plumbeo nei colori e ricco di grandi aperture dal fortissimo pathos.
Quello che manca, in un contesto di rilievo come il nostro, è, a mio parere, lo spunto in più, il tocco di genio, quella partitura che ti fa cadere dalla sedia o quella melodia che ti fa scorrere le lacrime: questo, onestamente, non c'è, sebbene un brano come
"Nothing New Under the Sun" non siano in molti a saperlo comporre, e sebbene, sempre in pochissimi, possano aspirare alle vette emozionali anche di un album come questo, un album che, paradossalmente, possiamo definire il "solito" lavoro dei
Primordial, cosa che può bastare, ampiamente, per gustarsi musica di qualità da parte di artisti, in ogni caso, straordinari.
Forse i
Primordial ci hanno abituato troppo bene.
Forse ho in mente gli inarrivabili dischi di un passato non troppo remoto.
Forse, forse...
La realtà è che
"How It Ends" è un bel disco il cui fascino intriso di paganesimo non deluderà i fan del gruppo e gli garantirà il suo degno posto nella discografia inscalfibile di un gruppo inscalfibile: scusatemi se è poco!