Alex Sciortino, io ti nomino cavaliere del riff, sacerdote dello US metal.
Possano le tue gesta essere ascoltate in lungo e in largo e che la tua arte ispiri nuovi adepti al sacro verbo del metallo.
Alzati ora, Sir Alex Sciortino.
Poi arrivano i barili di birra, gli Helstar suonano sul palchetto, ci si approccia alle donne barbute da limonare, partono gare di rutti, flaming fart… Insomma, tutte le solite cose che a una festa non possono mancare.
Pronti?
Treacherous Ways è certamente tra i dischi di stampo classico migliori di quest’anno.
Non sono arrivato a questa conclusione a cuor leggero, anzi, ho avuto qualche incertezza iniziale. Ora vi spiego per bene.
Innanzitutto inquadriamoli: chi sono questi
Helms Deep, da dove vengono e che cosa suonano? Beh, la formazione arriva dalla Florida ed è stata messa insieme da
Alex Sciortino (personaggio che sembra sbucato letteralmente dal nulla, senza nessuna collaborazione precedente) che qui si occupa di songwriting, chitarre, voce ed è riuscito ad annoverare la sezione ritmica degli storici
Raven. Troviamo quindi
John Gallagher al basso, autore di una prova strepitosa, in grado di apportare linee vincenti, supportare i pezzi e prendersi qualche spazio personale, e
Mike Heller, batterista che sa il fatto suo e che fornisce una buona prestazione ma con una scelta di suoni a parer mio discutibile. Ma ci torniamo sopra.
La proposta degli
Helms Deep è basata su un mix di
Attacker, Liege Lord. Omen, Manilla Road quindi tutto lo scibile classico dello US metal a cui, come nota pepata, aggiungo i
Satan, soprattutto per il suono scelto per le chitarre (poco distorto) e per la costruzione di certi riff. Ed è proprio qui che si gioca la partita: i riff sono il motore del metal e dentro
Treacherous Ways ce ne sono tanti, di qualità altissima, piazzati in modo sapiente e tenuti assieme da un songwriting che sa essere ora diretto, ora quasi progressive, a volte epico ma sempre, sempre vincente.
La cosa incredibile degli
Helms Deep è che riescono a fare loro un sound -lo US metal- con la classe dei veterani, senza mai citare esplicitamente i protagonisti storici del genere rubandone melodie o stralci di canzone.
Ad un primo ascolto in cuffia ho subito intuito l’alto livello della proposta che, però, sentivo parzialmente inficiata da un’infelice scelta dei suoni della batteria (fredda, priva di dinamica, quasi elettronica e che mi ammazzava l’ascolto) e della voce (molti gli “ooh ooooooh oh” e gli acuti esagerati, non riuscitissimi).
Insomma, tanta qualità in una certa misura scalfita da questi elementi stridenti. Ma il disco continuava a chiamarmi: è il fascino dell’imperfezione. Situazione già sperimentata più volte ad esempio con Pounder "Uncivilized", un bel disco cantato di merda ma che non gli puoi dire di no e, soprattutto, Lunar Shadow “Far From Light”, per il quale mi auto-cito: “lo ascolti la prima volta e dici: che produzione di merda! Lo ascolti un seconda volta e dici: che vece del cazzo! Ma poi ci entri e dici: che disco clamoroso!".
Poi c'è stata la svolta. Ho riascoltato
Treacherous Ways in macchina, sullo stereo di casa e… sbam! Tutte le imperfezioni sono state attenuate, il “fastidio” all’ascolto è svanito e sono finalmente riuscito ad apprezzare a pieno questa bomba di disco. Perché signori, qui si vola davvero alto.
Le canzoni hanno ottime melodie, sia di chitarra (con buonissimi cambi di riff che ti alzano da terra, soluzioni sempre interessanti e quasi “golose”) sia vocali, con ritornelli cantabili senza essere happy o zuccherini. Si riscontra una piacevole varietà compositiva che passa da momenti più energici e veloci, sterzando verso mid-tempo o up-tempo con qualche parentesi più tranquilla, il tutto spesso all'interno della stessa composizione. I pezzi sono tenuti insieme da arrangiamenti indovinati, vengono utilizzate chitarre armonizzate, qualche coro e un “senso epico” mai esageratamente calcato. Ogni brano scorre naturale e riesce ad essere sorprendente per efficacia e soluzioni.
Mi preme sottolineare che qui non si parla di una band che si è vestita da fan di un gruppo e ne emula le gesta (come le mille mila formazioni più o meno valide che spuntano quotidianamente come funghi), questi
Helms Deep non inseguono nessuno se non un suono immortale e, sullo stesso campo di battaglia, se la giocano alla pari con i campioni.