Copertina 8

Info

Anno di uscita:2023
Durata:37 min.
Etichetta:Rob Mule Records

Tracklist

  1. TRIAL OF THE WITCH (PT. II)
  2. 17 YEARS
  3. WELCOME TO MY INSANITY
  4. TURMOIL
  5. RELENTLESSLY CLOSER
  6. HINDSIGHT
  7. THE WEB
  8. ADRIFT

Line up

  • Anders L. Rasmussen: vocals, guitar, keyboards
  • Helge Nyrud: bass
  • Espen A. Solli: drums
  • Kjetil Solberg: guest on vocals in “Adrift”

Voto medio utenti

Sesto album per gli Ohmwork … come sesto? E come ho fatto a lasciarmi sfuggire gli altri cinque?
In breve, questa è la mia reazione dopo il primo ascolto di “In hindsight”, eccellente nuovo lavoro di un trio norvegese a me finora completamente sconosciuto.
Come definire la proposta dei nostri, tale da indurmi alla suddetta stupita considerazione? Beh, diciamo che si tratta di una singolare fusione tra Black Sabbath, Black Widow, Motorpsycho e Rush, di un tipo che potrebbe piacere pure agli estimatori degli ultimi Mastodon.
Al di là di questi fantasiosi voli pindarici comparativi, propedeutici (spero) a indirizzare e incuriosire il lettore, a sorprendere è la maniera in cui Anders L. Rasmussen, Helge Nyrud e Espen A. Solli trattano la materia musicale, forgiando un mix di heavy-rock, psych-prog e hard davvero suggestiva e variegata, capace di passare con estrema disinvoltura da liquide dilatazioni soniche a dense pulsazioni d’estrazione stoner/doom, ammantando il tutto con una particolare predisposizione alla melodia evocativa, straniante e magnetica.
Non siamo di fronte ad una “rivoluzione copernicana”, ma senza alcun dubbio è “roba” tutt’altro che banale, in un’epoca in cui la pura ortodossia sembra avere la meglio su ogni tentativo di elaborare i nobili dogmi del rock n’ roll in modo distintivo e peculiare.
Ebbene, gli Ohmwork, al netto delle varie fonti d’ispirazione, esibiscono una loro “personalità” fin dal poderoso atto d’apertura dell’albo, “Trial of the Witch (pt. II)”, un coagulo di note saturo di cupa elettricità che si espande nel clima ieratico di “17 Years”, per poi vezzeggiare l’astante attraverso l’apparente pacatezza di “Welcome to my insanity”, in grado di trasformarsi in una tumultuosa e irrequieta progressione sonica.
Turmoil” schiude le porte ad una perniciosa cerimonia dalle suggestive astrazioni psichedeliche, e se “Relentlessly closer” assume le sembianze di una ballata arcana e mistica, la melodia deragliante e greve di “Hindsight” conquista i sensi con il suo incedere mutevole.
The web” squarcia le ragnatele dei seventies con una linea melodica che riesuma addirittura qualcosa dei Bachman-Turner Overdrive, mentre “Adrift”, posto a sigillo dell’opera, ne rappresenta in qualche modo la summa espressiva, addensando rarefatte visioni Pink Floyd-esche su un sostrato di turbolenti e solenni scenari di scuola Sabbath-iana.
Recuperare l’intera discografia degli Ohmwork diventa a questo punto una mia priorità … nel frattempo mi gusto ancora una volta “In hindsight”, un disco da consigliare a chi ama le formule musicali “retrospettive” e non per questo pavide e totalmente prive di creatività.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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