Herzog è un nuovo progetto black metal proveniente dal Belgio, concepito da
Asgeir Amort anni fa ma mai portato alla luce.
Preso sotto l’ala protettrice del produttore
Déhà e accompagnato dal batterista
Hochofen,
Asgeir Amort rilascia il primo full-length dei suoi
Herzog:
“Furnace”, tramite la
Amor Fati Productions.
“Furnace” contiene otto tracce di ruvido black metal – con tanto di produzione volutamente lo-fi e suoni di chitarra con effetto zanzara – ,dai contorni melodici e con atmosfere evocative che gli donano una sottodimensione ambient, le quali si intrecciano con l’anima più nichilista e furiosa dei belgi, che non disdegnano anche qualche incursione nei territori del death. Come si può udire per esempio ad inizio tracklist – subito dopo la traccia atmosferica e strumentale
“Loss of Utopia” – in
“Acheminement”, che presenta durante tutta la sua durata un growl estremamente baritonale; così come quello di
“All Rites”, che non molto ha da spartire con le vocals tipiche del genere, e che con varie sfumature ritroveremo anche in altri brani, alternandosi al classico scream.
Rinveniamo echi death anche in
“Melted Tesseract”, che non disdegna, tra l'altro, alcune soluzioni dal mood thrashy, e nelle accelerazioni e nei vari stop and go di
“Oath of Weakness”.
Nella seconda parte del disco invece prende il sopravvento l’anima teatrale, melodica/progressiva dai toni epici e suggestionanti del gruppo, pur senza rinunciare alla crudezza del sound, dove si sente ancor più forte che nella prima, l’influenza di lavori come
“Hvis lyset tar oss” (1994); come per esempio nella lunga strumentale, di oltre otto minuti, dal nome
“Craftsmen”.
Anche in tracce come
“All Rites”, nonostante al contempo ci si muova su lidi limitrofi al death estremamente brutali, o più tipicamente black come
“Oath of I”, si mantiene una dimensione evocativa e una ripetitività di fondo volta a calare l’ascoltatore, da capo a piedi, nella “fornace” incandescente degli
Herzog.
"Furnace" è un album che scorre molto bene, senza eccessive prolissità e dal forte impatto emotivo, in cui la brutalità si amalgama ad una dimensione onirica
artefice della pittura di uno scenario gelido e desolante. Non come un punto di chiusura terminale, bensì, quasi come fosse un lasciapassare per la ricerca di un senso immanente di trascendenza, che oltremodo traspare dalle nere note sprigionate dagli
Herzog…Calando il sipario con il sussurro coinvolgente del pianoforte di
“Oath of Us”.
Recensione a cura di
DiX88
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