Il norvegese
Joachim Rygg, meglio conosciuto con il nome d’arte
Charmand Grimloch, era l’unica forza musicale del progetto black metal
Tartaros, fondato nel 1993.
Rygg in realtà non era il primo sconosciuto che si era affacciato sulla scena nera…in quegl’anni era stato un turnista degli
Emperor, e con questo direi che abbiamo già detto ciò che ci serve sapere…
I
Tartaros purtroppo ebbero vita breve, fecero a tempo a far uscire un demo, un EP e un full-length, dopodiché, nel 1999, purtroppo il progetto cessò la sua esistenza, poiché
Rygg si trasferì negli Stati Uniti divenendo un compositore di successo di musica per colonne sonore di film e serie televisive.
Si devono a lui alcune musiche di “
Center Stage 2”,
“American Pie: The Naked Mile” e
“Save the Last Dance”. Tra l’altro pare che il norvegese sia ancora attivo nella comunità dei cantautori con crediti sulla hit di Elephante “Dynasty”.
Di queste uniche tre uscite dei
Tartaros ho deciso oggi di riesumare
“The Grand Psychotic Castle”, del 1997, EP che fu rilasciato a distanza di circa tre anni dal primo demo,
“The Heritage from the Past”, e che a mio avviso rappresenta la migliore uscita targata
Tartaros. Sicuramente un capitolo di un progetto sparito nell’oblio…ma che per chi vi scrive merita assai di essere rispolverato.
“The Grand Psychotic Castle” è un breve viaggio all’interno di un misticismo folle e horrorifico, tenuto magistralmente in piedi dal poliedrico
Grimloch, che riuscì ad attirare al suo arco tutti gli strali acuminati di cui può essere dotato il black metal; generando così una musica che condensava al suo interno potenza e gusto melodico dai forti connotati neoclassici e teatrali, collocando di diritto l’album nel filone sinfonico del genere.
In ogni caso è da precisare che siamo distanti dalla furia di lavori come “
In the Nightside Eclipse”, muovendosi qui su tempi più dilatati, dove synth e tastiere di tanto in tanto si impadroniscono della scena, con il polistrumentista nordico che ci trascina all’interno dei suoi incubi, questo grazie anche a un cantato sorprendente e imprevedibile…Lo scream ci assale frontalmente, urla improvvise ci rapiscono all’interno della sua follia allucinata, dove delle clean vocals solenni, provenienti da un mondo che appare lontano ai nostri sensi, talvolta coprono integralmente lo “spazio” della scena, tal altra, invece, si sovrappongono tramite un uso inquietante della doppia incisione. Quando si pensa di aver carpito lo stile di
Rygg, lui muta le squame e sfodera un growl perfido degno della migliore tradizione.
Tutto è miscelato alla perfezione, e la
“title-track” conclusiva ne è forse la più fulgida testimonianza.
Chiudiamo il nostro lettore con un senso imprecisato di angoscia a cui non siamo in grado di assegnare un nome…
Si resta soli, con quel leitmotiv teatrale di sottofondo, più volte reiterato, che ci ha accompagnato con le sue sinistre progressioni per tutto l’ascolto. Ormai risucchiati dal vortice del grande castello psicotico eretto dalle allucinazioni di
Grimloch.
Un piccola gemma lasciata riposare sotto la neve…
Visionaria e misteriosa come il castello raffigurato in copertina.
Folle come il suo verde tendente al giallo.
Recensione a cura di
DiX88
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