Tempo di cifre tonde e di bilanci per gli
Afahanne, che a dieci anni di distanza dal
debut “
Alfapocalypse” immettono sul mercato il loro quinto
full length.
“
Vår tid är nu”, parlando di bilanci, si pone a mio avviso come istantanea fedele della compagine svedese: valida, dotata di un
sound interessante e zeppo di personalità, ma sinora incapace di compiere un salto di qualità che, giunti a questo punto, dubito arriverà mai.
Proprio come in occasione delle precedenti
release, infatti, assistiamo ad una gara sin troppo equilibrata che vede contrapposti aspetti positivi e difetti; anche stavolta hanno tagliato il traguardo gli aspetti positivi, tallonati però da difetti che non accennano a rallentare né, tantomeno, a scomparire.
Soffermandosi sui primi, citerei senz’altro la miscela musicale che i Nostri sono stati in grado di creare: una miscela composta da instabili schegge di
black metal,
punk e
dark wave anni ‘80, ormai ben nota, ma sempre efficace e ficcante.
A questo giro, volendo esser pignoli, la ricetta prevede un pizzico di
black in più -come testimoniato anche dai
guest presenti:
Nattefrost (
Carpathian Forest),
Spellgoth (
Horna),
Nattfursth (
Sorhin) e
Doedsadmiral (
Nordjevel)-, pur rimanendo ben distinguibili al palato i sentori nichilisti delle composizioni ed il gusto
catchy delle decadenti melodie.
Talvolta, l’impura unione dei sapori sopra descritti genera bocconi prelibati: penso principalmente all'
anthemica "
Wolfman", oppure all'amarissima "
Eremiten".
Talaltra, purtroppo, i retaggi
punk conducono ad una forte staticità compositiva, soprattutto all’altezza di strofe spesso ripetute
ad nauseam senza la benché minima variazione sul tema (si ascoltino ad esempio “
Elden har vaknat” e "
När allt faller /Kaiken Kaatuessa", tanto estreme quanto involute), ed una complessiva staticità della sezione ritmica, che troppo spesso limita il proprio apporto al minimo sindacale (“
Alfa Omega” e "
213" le prime a venirmi in mente).
Alti e bassi, come si scriveva in precedenza, ulteriormente sublimati da una doppietta
intro /
outro che definire superflua sarebbe eufemistico, e da una copertina a dir poco sciapa -d'altro canto il sottoscritto, per amor di verità, da sempre odia in modo viscerale le copertine con la foto della
band o dell’artista di turno-.
Nel complesso, dunque, “
Vår Tid är Nu” riesce a farsi apprezzare, pur lasciando gli
Alfahanne impantanati in un limbo dal quale proprio non riescono ad emergere.
Personalmente continuerò a conceder loro una
chance; va però da sé che, in un panorama discografico ricco e sovraffollato come quello odierno, non si possa contare su un numero infinito di prove d’appello.
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