I romani
Hour of Penance, ormai attivi dal lontano 1999, sono divenuti delle vere e proprie icone del technical brutal death italiano, e tra i nomi di punta del panorama underground internazionale.
Giungono oggi, aprile 2024, dopo cinque anni di silenzio, al loro nono full-length,
“Devotion”, rilasciato sotto l’egida della
Agonia Records.
Innanzitutto vi è da segnalare un piccolo cambio nella line up rispetto al precedente
“Misotheism”, ovvero l’entrata di
Giacomo Torti dei
Bloodtruth alle pelli (già attivo da un paio di anni con la band di
Moschini), al posto di
Davide Billia; il quale non fa certo rimpiangere nessuno, mostrando uno stile potente, disinvolto nella sua complessità tecnica e in grado di risultare personale nonostante l’estremità, generalmente uniformante, del genere proposto.
Di certo non si può affermare che
“Devotion” scompigli le carte sul tavolo di casa
Hour of Penance, o che abbia qualcosa di realmente nuovo da dire, all’interno di un genere ormai solido e quasi congelato come quello del brutal… Tuttavia tutto quel che suonano i quattro deathsters italiani scorre su altitudini irraggiungibili quasi per chiunque altro.
Resto convinto che siano davvero in pochi a essere in grado di tenere il passo di questi ragazzi. Probabilmente anche i grandi nomi, allo stato attuale, dovrebbero sedersi dietro.
In ogni caso il gruppo prova a ricalibrare leggermente la propria proposta, inserendo un grano di gelido black metal stile
Dark Funeral, che si ripercuote perlopiù in alcuni riffs e in talune atmosfere dotate di sinfonica magniloquenza come la conclusiva
“Spirally Into Decline”, che dona al tutto un sound molto gloomy.
Un po’ sulla falsa riga di quel che hanno fatto i
Suffocation con l’ultimo
“Hymns for the Apocrypha”. Risultato che probabilmente è dovuto anche al fatto che il platter è stato masterizzato all’
Hertz Studio a Białystok, in Polonia… Leggasi
Vader e
Decapitated, ma anche
Behemoth...
Sempre soffermandosi sulla produzione vi è da dire che questa appare piuttosto moderna, fortunatamente però non di plastica; in grado di conferire un groove sound molto accentuato, stile
Pyrexia (ma con assai più talento), ricalcando il trend attuale del brutal (come l’ultimo
Cryptopsy,
Dying Fetus,
Brodequin, o il già citato dei Suffocation, ecc.ecc.).
“Devotion” si mantiene sulla scia dei suoi predecessori, e si mostra un disco solido, dal riffing ispirato e denso di cambi di ritmo al fulmicotone che riescono a non essere soltanto un mero sfoggio di tecnica sopraffina.
Provate ad ascoltare
“Birthright Abolished”; dove potrete trovare incastri allucinanti, ricercati, all’interno di un songwriting che non perde mai di vista il feeling musicale; ottenibile solo tramite la tenace preservazione di una certa immediatezza compositiva. La forma canzone, per quanto mi riguarda, è la formula vincente, soprattutto se ben coniugata con la capacità artistica di essere scomposta e riadattata in misura sufficiente da far spazio alle proprie idee.
Alla gradevolezza dell’ascolto e alla sua assimilazione aiutano, e non poco, le linee vocali, che si muovono su un growl più di matrice death che brutal, pur toccando vari registri, tra cui qualche accenno di scream che ben si coniuga con il leggero alone nero di cui parlavamo poc’anzi; facilitando la costruzione di un mood catchy assai vincente.
Su tutte, a tal proposito, citerei l’opener
“Devotion for Tyranny”.
Forse gli
Hour of Penance albergano ormai da anni in un’area di comfort, mentre dato il grosso potenziale di cui dispongono si potrebbe essere tentati di chieder loro qualcosa di più… Tuttavia non ingannatevi, se aprite bene le orecchie capirete che non è sempre il solito disco…
Acquisto brutalmente consigliato, senza sé e senza ma.
Recensione a cura di
DiX88