Ci sono voluti ben quattordici anni ed una rivoluzione generale della formazione per la rinascita del combo death statunitense.
Ora l’unico membro originale è il chitarrista Eyal Levi e questo ritorno discografico è pubblicato sotto la gloriosa egida della Metal Blade; alla faccia del bicarbonato di sodio direbbe Totò.

Tutta questa attesa è stata ripagata? Assolutamente si, perché il death tecnico del combo della Georgia ha affilato le proprie armi con delle basi groove pesantissime come nell’opener “No rest no end” dove la sezione ritmica è tellurica ed il frontman Sean Zatorsky fa il bello ed il cattivo tempo con un growl molto comprensibile e non è tutto, all’interno ci sono spazi per il virtuosismo dei chitarristi, ben tre siore e siori che non soffrono di malmsteeinite acuta (patologia legata ai virtuosi della sei corde che li spinge in assoli senza fine ma noiosi quanto una fiction nostrana).
Altra bella prova è la sinfonica “The silent foray”, dove la melodia e le tastiere si poggiano su un death metal poderoso ricco di cambi di tempo ma che sfodera grande gusto melodico.

La produzione esalta tutti gli strumenti non rendendoli piatti, certo del genere manca il marciume sozzo ma qui si va sul moderno più che sulla vecchia scuola.
Altra traccia dove estremo fa rima con strumento ecco la conclusiva “Into forgotten dirt”; pezzo che ho ascoltato più volte per capire i vari incastri ritmici ma è godibilissimo e con una coda industriale nerissima.
Se siete i seguaci dei nostri credo che lo acquisterete a scatola chiusa, ma consigliato anche a chi vuole avere il binomio metal estremo e melodia, bentornati.