Topi Karhunen, ormai completamente dedito alla sua one man band
Nemus Anima, a distanza di appena sei mesi dal full-length di debutto
"Hatred Embodiment", si ripresenta con il suo successore:
"The God of Forest", rilasciato e prodotto in forma indipendente.
Purtroppo, mi duole dirlo, del tempo in più per dedicarsi alla stesura del materiale per questo nuovo disco avrebbe giovato al giovane e talentuoso finlandese.
Mi aspettavo qualcosa di più, dato che tutto sommato
"Hatred Embodiment" era un lavoro buono e con una discreta profondità - anche se forse potrei essere stato un po' di manica larga nell'assegnare il voto. Bensì, questa volta l'impressione è che si sia fatto un passo indietro.
Il sound è gradevole se si ama il black metal, in quanto è stata scelta una produzione old-school molto scarna ma tutto sommato sufficientemente nitida per comprendere i vari intrecci strumentali; il problema risiede, invece, a mio avviso, nel songwriting.
Queste otto tracce contengono molte influenze, di cui io ho l'impressione manchino i dovuti collegamenti tra esse.
L'aspetto più pregevole dell'opera è il riffing, come prevedibile, dato che la chitarra è lo strumento principe di
Topi.
Viene messo sul tavolo un guitarwork piuttosto ispirato e con un tasso tecnico realmente discreto; dove si avvertono oltre al black, frangenti di matrice thrash/death, a cui si aggiunge una certa tendenza al progressive di stampo heavy metal impreziosita da assoli molto caldi.
A momenti si hanno strutture che richiamano un po' alle raffinatezze di
Dissection e
Lord Belial; mentre in altri abbiamo reminiscenze melodic death metal, e altre volte ancora siamo su terreni neri più tradizionalisti, o talvolta più melodici, dove emerge in lontananza lo spettro degli
Enlsaved.
Il platter tende a composizioni piuttosto complesse e ricche di sfaccettature, dove vi trova spazio un'aura malinconica di matrice depressive che assume connotati fin troppo melensi (si pensi a
"Decaying"), che a mio avviso non sono assolutamente integrati con il resto del contesto.
Purtroppo, fatta eccezione per
"Wisps in the Cosmos", la quale si muove su direttive di matrice cosmic discretamente aggressive, il resto dell'album risulta disomogeneo e abbastanza tediante.
Credo che i
Nemus Anima siano una di quelle one man band che necessitano di inserire in formazione altri strumentisti, quantomeno per quel che riguarda basso e batteria; poiché si avverte con fin troppa evidenza che tutto il lavoro si regge sulle sole gambe del guitarwork. Inoltre, altri due membri in line-up potrebbero facilitare il processo di scrittura dei brani, soprattutto in fase di arrangiamento.
Sono dispiaciuto, tuttavia, a malincuore, non posso promuovere
"The God of Forest".
Recensione a cura di
DiX88
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