I
Vígljós (che in norvegese antico dovrebbe significare una luce che è abbastanza intensa da poter uccidere un uomo), sono una Black Metal band svizzera formatasi nel 2023, e ad oggi sotto contratto con la sempre ottima
Dusktone.
Rilasciano in questa primavera 2024 il loro primo full-length:
"Tome I: Apidæ".
Come si può apprezzare dalla copertina, ricavata da un quadro di
Pieter Bruegel del 1568, raffigurante degli apicoltori su uno sfondo che evoca una strana miscela di mistero, inquietudine e follia, il debut degli svizzeri gravita a livello tematico intorno al mondo delle api e all'arte dell'apicoltura, con una particolare focalizzazione su tale pratica ai tempi del medioevo. Configurandosi, infine, come una sorta di narrazione romantica e stilizzata sul ciclo vitale delle api.
A mio avviso,
"Tome I: Apidæ", rappresenta un perfetto esempio di quello che può essere, e dovrebbe essere, il Black Metal quando pretenda di inserirsi anche in qualche alveo metafisico degno di rilievo.
I
Vígljós confezionano otto brani Raw Black inscritti nel solco tracciato dai primi
Darkthrone; dove troviamo suoni crunchy a tutto campo, attitudine intransigente, esente da qualsivoglia desiderio di compiacimento, e in cui si amalgamano atmosfere medievali oltreché elementi campionati rimandanti al mondo delle api.
Gli svizzeri si muovono prevalentemente su tempi lenti e mid-tempo, sfoggiando un groove e un'attitudine dalla presa immediata; questo grazie a una scelta impeccabile del timing che scandisce il "battere" e il "levare"; a riconferma che non è la produzione a fare il groove, bensì la sensibilità artistica dei musicisti.
Provate ad ascoltare
"The Apiarist" o
"Swarming".
Non mancano tuttavia sanguinari fendenti di rasoio come quelli contenuti in
"Sweet Stings", che si muove tra
Darkthrone, dissonanze alla
Mütiilation e urla burzumiane (che ritroveremo per tutta la tracklist), con linee vocali più simili a uno strumento che a un cantato vero e proprio. Velocità ben presente anche nella
"Title-track"; contraddistinta da un eco epic-folk ben amalgamato all'attitudine selvaggia, a dimostrazione di come i nostri siano solo apparentemente una formazione monocromatica.
Policromia che possiamo rinvenire anche in alcuni lasciti del Synth Pop, i quali emergono nella strumentale e "ballabile"
"Dance of the Bumblebee"; così come nei richiami al Prog-Rock nel titolo di
"To Die in a Flowerbed", influenzato dai
"Gun" - strumentale di chiusura dai toni folcloristici e malinconici.
"Tome I: Apidæ" è un'opera che riesce nella dura impresa di riattualizzare l'arte oscura dei primi anni '90, con tutta l'intransigenza e l'oltranzismo sonoro che li hanno caratterizzati. Vi riescono sfruttando una produzione tra le più crude che si possano trovare in circolazione, e inserendo, in tale marasma sonoro, la propria identità; tramite un insieme di sfumature che un orecchio attento non potrà non cogliere.
Si punta molto sul pathos, sulle atmosfere e su motivi che riescono ad entrare immediatamente nel cuore nero del blackster.
Non a tutti piacerà...
Poiché non tutti sono realmente "immersi" nel Black Metal.
Recensione a cura di
DiX88
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