Copertina 8

Info

Anno di uscita:2024
Durata:43 min.
Etichetta:Magnetic Eye Records

Tracklist

  1. BREATHE, BREATHE OUT
  2. AVALANCHE
  3. DIFFERENT HORSES
  4. A WOLFE IN MY MIND
  5. THAT OBSIDIAN GRIN
  6. THE SIRENS SOUND
  7. OH DANDELION
  8. THE TRICKING TREE
  9. AN ALABASTRINE SMILE

Line up

  • Arvid Hällagård: vocals
  • Tommi Holappa: guitars
  • Sebastian Olsson: drums
  • Hans Fröhlich: bass

Voto medio utenti

Da un lato, “l’abitudine”, nello specifico da intendere nella forma di una “routine positiva”, quella con cui i Greenleaf ribadiscono le loro radici stilistiche di natura stoner / hard-blues, confermando l’amore per i suoni di derivazione sixties e seventies, equamente suddivisi tra dirompenti fiotti d’energia, visioni psichedeliche e pulsazioni telluriche.
Dall’altra, “la testa”, perché gli svedesi non si limitano ad affidarsi al pedissequo schematismo di un genere musicale che per essere efficace non ha bisogno di “vera” innovazione, ma che deve essere gestito con intelligenza e ispirazione.
Con questo tentativo, arbitrario e pure un po’ “maldestro”, d’esegesi del titolo del nuovo disco degli scandinavi, l’intenzione è quella di sottolineare la loro maestria nel “potenziare” ad ogni uscita la tensione espressiva e la partecipazione emotiva, impastandole ad arte con il crogiolo di potenza, melodia, cariche lisergiche e ritmo tipico del settore.
Un approccio essenzialmente basato sui chiaroscuri, capace di alternare leggerezza e pesantezza, semplicità e complessità, con una disinvoltura e fluidità disarmanti, tali da rendere “The head & the habit” un autentico “generatore” di euforizzanti e screziate vibrazioni soniche, a partire da una “Breathe, breathe out” che “toglierà il fiato” a chi freme sia per la fisicità dei Kyuss e sia per l’affabilità dei Queens Of The Stone Age.
La tambureggiante e avvolgente “Avalanche” e il crescendo imperioso di “Different horses” proseguono in un’operazione di soggiogamento intensa e costante, che sfocia nelle apparizioni sciamaniche e impetuose di “A wolfe in my mind” e nelle viscerali inquietudini blues di “That obsidian grin”, entrambe parecchio “impressionanti”.
E sempre a proposito di soluzioni musicali assai avvincenti, arriva l’ammaliante “The sirens sound” a rimpinguare la sensazione di appagante continuità emozionale di un’opera che con l’esplosivo psycho-fuzz-hardOh Dandelion” mette nel mirino The Black Keys e Rival Sons, rischiando “seriamente” di sconfiggerli sul loro terreno preferito.
La lunga sessionThe tricking tree”, percorsa da un dedalo di suggestioni ipnotiche e palpitanti, mette in evidenza il retaggio settantiano dei Greenleaf, mentre con il cupo e strisciante lirismo vagamente Doors-esco (ricordando, quindi, anche qualcosa del primo Danzig) di “An alabastrine smile” si conclude una raccolta di emozioni sonore che, pur nella loro “familiarità” formale, non scadono mai dell’autoindulgenza revivalistica e meritano di essere vissute ripetutamente.
Pochi gruppi arrivano al traguardo del nono album continuando a rafforzarsi artisticamente nella coerenza … i Greenleaf sono senz’altro da inserire tra queste rarità.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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