Prima di iniziare a parlare nel dettaglio dei Tecno Food, devo confessare di non amare molto, salvo casi piuttosto rari, i gruppi italiani che optano per la soluzione “demenziale” applicata ai loro testi; troppo facile scadere nei comodi cliché (se non addirittura nel “triviale”), rischiare la figura della “macchietta” o di finire per essere confinati in un ruolo esclusivamente “comico” (il che può anche risultare come una scelta “nobile”, per carità, a patto che sia però voluta e “consapevole”) con relativa scarsa considerazione artistica.
Ecco perché, dunque, mi sono avvicinato al lavoro del terzetto toscano in questione, che punta proprio su questa filosofia espressiva, con qualche “sospetto”: alla fine, nonostante la mia preannunciata forma di “prevenzione”, il risultato ottenuto, da questo punto di vista, non è dei peggiori, ma diciamo pure che si poteva fare anche di meglio.
Molto diverso è invece il discorso quando affrontiamo la sceneggiatura sotto il profilo squisitamente musicale, e, del resto, una band che dichiara, nella breve bio allegata al Cd, la propria ammirazione per Primus (eccolo un esempio davvero illuminato di satira e surrealismo grottesco applicato a spettacolari acrobazie di partitura), Mr. Bungle e Bumblefoot, dimostra di partire già con delle basi assolutamente encomiabili.
Una stima che ritroviamo materializzata e disseminata (oltre ai modelli menzionati, aggiungerei anche i Red Hot Chili Peppers) negli otto brani che compongono il disco, sempre abbastanza gradevoli, mutevoli, dissonanti, irrequieti, spesso coinvolgenti e plasmati di quella sostanza che mescola, con una buona dose di maestria strumentale, il rock, l’heavy metal, il funky, sfumature hip-hop, jazz, blues e progressive, con il contributo di quella “follia razionale” capace di dipingere collettivamente un quadretto che credo incontrerebbe facilmente i favori dei succitati maestri, in virtù di un’evidente comunanza “intellettuale”.
Tra le canzoni, le mie personali preferenze vanno a “Renato”, dove i nostri mostrano di possedere anche una cultura “classica”, citando nel finale di brano, con un’apprezzabile interpretazione, la mitica “Peter Gunn Theme” (scritta da Henry Mancini e resa ancora più “immortale” dalla versione dei The Blues Brothers), alle digressioni Primus-iane descritte in “Ossessione” (si sente che il bassista Luca Lenzoni ha suonato in una cover band dedicata al fantasmagorico act americano e che condivide esplicitamente questa passione con i suoi attuali compagni d’avventura!), alle pulsioni funk/metal (ma c’è anche qualcosa assorbito dalla lezione del prog) di “Passione per la frutta”, all’ambizioso puzzle assemblato in “Marzio”, ed a “Rosco”, una stralunata messinscena dal sapore western e rockabilly, in cui l’inventiva iconoclasta di Les Claypool & C. si contamina con una spruzzatina di quella dei meno noti ma altrettanto geniali Think Tree.
Completa il tutto una sezione video (complimenti per le parrucche Luca!) comprendente un estratto live e una traccia che potremmo assimilare al concetto di un vero e proprio clip “promozionale”.
In conclusione, possiamo dunque affermare che, da queste parti, si “scherza” (e non sempre, a dire la verità) solo con le parole e che, escludendo un cantato un po’ da rivedere, mi sembra proprio che in tutti gli altri settori i Tecno Food facciano maledettamente sul “serio”.
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