Gli australiani
Ploughshare giungono in questi giorni di inizio novembre a tagliare il fatidico traguardo del loro terzo full-length:
"Second Wound", rilasciato sotto l'egida della
I, Voidhanger Records.
I
Ploughshare persistono nel loro percorso improntato su una forma di Dissonant black metal indubbiamente dal forte taglio derivativo. Senza perdersi in inutili giri di parole, non si può negare che questi ragazzi si ispirino ai
Deathspell Omega, su cui vi si inserisce una matrice Death metal affine a realtà di fattura Avantgarde come
Ulcerate e
Portal. Vi è comunque da segnalare, che la componente mortifera assume qui connotati meno estremi e marcati rispetto al passato; essendo assente quel growl estremamente baritonale, caratterizzante alcuni momenti delle uscite precedenti, compreso l'ultimo
"Ingested Burial Ground" (2022). Inoltre, perfino le trame Industrial finiscono quasi per scomparire, a favore di un orientamento leggermente più devoto alla nera fiamma.
Si tratta di brani piuttosto lunghi e dalle strutture dilatate che si snodano sull'alternanza continua di frangenti atmosferici e sospensivi, e altri più tipicamente iconoclastici, contraddistinti da ritmi convulsi e atonali dotati dei tipici cambi di ritmo: imprevedibili e densi di incastri, al punto da rendere difficoltoso seguire tutte le peripezie strumentali degli ignoti australiani. Così come ostico risulta, perlomeno in fase iniziale, instaurare – com'è consuetudine per questa declinazione del genere – il giusto feeling con la loro musica.
Il dubbio che lascia sorgere un prodotto, tutto sommato ben realizzato come
"Second Wound", è la sua possibilità di emergere in un panorama "Dissonant" ormai già piuttosto saturo; dato che non vi è niente che possa far preferite i
Ploughshare rispetto a una qualsiasi altra realtà di medio livello, ascrivibile al medesimo ramo dell'Estremo.
Recensione a cura di
DiX88
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