Ritual Fog è una Death metal band statunitense formatasi nel 2021 a Memphis, Tennessee. La line-up attuale vede tra le sue fila
Ian Younkin (voce e chitarra),
Spencer Martin (chitarra),
Jon Clark (basso) e
Andrew Hobday (batteria). Nel 2022 hanno pubblicato il loro primo EP,
"Visions of Blasphemy", firmando in seguito per l'etichetta
Transcending Obscurity Records, con cui rilasciano, in questa fine 2024, il loro primo full-length:
"But Merely Flesh".
Gli statunitensi, con il loro primo lungo, propongono un Death metal primordiale, prettamente aderente ai canoni old school, dall'andamento mastodontico contraddistinto da mid tempos gagliardi. Tuttavia, non vengono disdegnate incursioni su territori veloci ed esplosivi, dove in tal senso, subentra una discreta matrice Thrash, richiamante un po' l'attitudine dei primi
Malevolent Creation e di gruppi come i
Diabolic, su cui vi si attacca un grano di Hardcore.
Molteplici sono i passaggi oscuri e nebulosi, con marcata tendenza al groove e a rallentamenti paludosi e asfissianti che, oltre alla scuola americana (
Obituary in primis), si riallacciano a realtà del Nord Europa come gli
Asphyx.
Uno dei punti di forza del disco è rappresentato dalle armonie misteriose ed esoteriche accompagnate con riffs incalzanti, di fattura più classica, sullo stile dei
Paradise Lost del primo LP (1990) – come per esempio avviene in
"Sentient Chamber". E il mistero si moltiplica quando prendono piede le atmosfere allucinate tanto care agli
Hypocrisy…
"But Merely Flesh" è un album che scorre via con grande agilità, questo merito anche della sua breve durata (cosa che amo nel Death) – soli 29 minuti per 9 brani totali –, dove gli americani, disinvoltamente, ci travolgono con i loro assalti furiosi, con le loro partiture schiacciasassi incredibilmente muscolari, preservando sempre il contatto con la forma canzone; pur impreziosendola tramite vari artifici.
I
Ritual Fog ci immergono, dunque, all'interno di una nube opprimente, pregna di nichilismo psicotico e dall'aura ipnotica, come la psichedelia più ammaliante e temibile.
Una lezione di groove e di attitudine, coniugata con sporadici ricami "estrosi", di cui risulta necessario tenere conto: soprattutto in uno scenario (quello del Death metal) che, attualmente, sembra essere dominato da una spirale discendente.
Recensione a cura di
DiX88
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