Ho un conto in sospeso con questo disco natalizio dei
Jethro Tull, il “grande assente” nel libro che l’anno scorso ho dedicato agli
holiday album.
Nel 1972
Ian Anderson incide una prima, polemica
“Christmas Song” (qui riproposta) in cui mette a confronto il Natale dei ricchi e quello dei poveri, e sembrava che la cosa dovesse finire lì. Ma il futuro aveva altri progetti, come dimostrato da questo lavoro pubblicato nel 2003 e ristampato oggi, in versione deluxe, dalla
InsideOut Music.
Riuscite rielaborazioni dei classici (
“Holly Herald”, “God Rest Ye Merry Gentlemen”, “Pavane”, “Greensleeved”, “We Five Kings”) si alternano a brani - perlopiù già editi - in cui lo storico flautista la fa da padrone, dall’introduttiva
“Birthday Card At Christmas” alla frizzante
“Last Man At The Party”, passando per arrangiamenti in stile
“Songs From The Wood” (penso alla già citata
“A Christmas Song” o a
“Fire At Midnight”) ed episodi ricercati che, alle mie orecchie, rievocano Mark Knopfler (
“Another Christmas Song”, “First Snow On Brooklyn”).
Il rock emerge nelle buone
“Jack Frost And The Hooded Crow” e
“Wheathercock”, mentre l’epica
“Ring Out, Solstice Bells” sfocia nell’immancabile
“Bourée” e nell’intenso strumentale
“A Winter Snowscape”, firmato dal chitarrista
Martin Barre.
Il remix di Bruce Soord dei
Pineapple Thief (evidentemente Steven Wilson era impegnato) è pulito e accurato, mentre i due concerti presso la storica chiesa di St. Bride nel cuore di Londra si lasciano ascoltare con piacere (anche se un supporto video, probabilmente, sarebbe stato più gradito).
Per un Natale sofisticato.
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