Nati nel 2014 gli svedesi
Wormwood esplodono nel firmamento del black melodico nel 2017 con il debut "
Ghostlands: Wounds from a Bleeding Earth" (
Non Serviam Records, a parere di chi vi scrive il loro miglior disco) segnalandosi da subito come una delle realtà più solide ed interessanti del pur affollato segmento.
Il successivo "
Nattarvett" dà il via ad una trilogia proseguita nel 2021 con "
Arkivet" (che avevo consumato, escludendolo con rammarico dai 10 dischi migliori di quell'annata) e terminata con questo "
The Star" (
Black Lodge Records), avente come focus la tendenza all'autodistruzione dell'umanità dovuta alla sua incapacità di adattarsi alla natura provando a piegarla ai propri voleri.
Lungi dal tornare allo stile più violento ed aggressivo del debutto, i sette brani del nuovo lavoro sono ideale prosecuzione della strada imboccata con "
Arkivet" prestando - se possibile - una maggiore attenzione ad arrangiamenti, composizione e songwriting.
Più
Sentenced ed
Amorphis (i riff di apertura di "
A Distant Glow" o "
Liminal" lo testimoniano) - in relazione al mood decadente, malinconico ed emotivo - che
Dissection o
Månegarm insomma.
"
The Star" è più testa che cuore ma è realizzato in maniera impeccabile nei (troppo rari per quanto mi riguarda) momenti di esplosioni black (sempre venato di melodia, sia chiaro), nell'utilizzo sapiente dei synth ("
Galactic Blood"), nei passaggi eterei affidati al violino di
Martin Björklund, ma soprattutto nelle sognanti ed emozionanti partiture di chitarra che conferiscono una "luminosità pinkfloydiana" a tutto il disco.
Ineccepibile il lavoro delle due sei corde
Jerry Engström e
Tobias Rydsheim, indubbiamente il punto di forza dei
Wormwood di oggi.
Qualitativamente superiore quindi, il quarto lavoro dei ragazzi di Stoccolma ha il suo apice nelle due canzoni finali "
Suffer Existence" - forse uno dei brani migliori che abbiano scritto non a caso, almeno nella parte iniziale, più aderente al classico black melodico - e la suite "
Ro" nei cui dieci minuti i
Wormwood condensano le emozioni e l'epica di tutta la trilogia.
Eppure, nonostante tutte queste qualità, "
The Star" mi ha parzialmente deluso perchè data la materia trattata mi aspettavo una chiusura di trilogia nichilista e violenta piuttosto che decadente e malinconica: ma sono considerazioni personali che non possono in alcun modo oscurare la bontà complessiva di un lavoro oggettivamente superiore.
Bello, bellissimo, ma freddo e distaccato e se posso esprimere un desiderio - dopo questo concept in 3 atti - mi piacerebbe un ritorno alle origini per il prossimo album.
PS
chiudo segnalando un tocco di "italianità": l'artwork curato da
Solo Macello (alias
Luca Martinotti) e le guest vocals di
Walter Basile nell'opener "
Stjärnfall".
PPSS
"
The Star" non può mancare nella vostra collezione eh!!!
Wormwood - "
Ro"
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