I
Whitechapel tornano col botto dopo ben quattro anni dall’ultimo disco e lo fanno con un concept dall’influenza lovecraftiana.
Un disco impattante e con impatto che mette tutti sull’attenti e fa capire che il deathcore è roba loro.
Dall’opener “
Prisoner 666” aperta da un riff maligno e con una botta tremenda perché non ti da tregua a pezzi come “
A visceral retch” e “
Hate cult ritual” (dal chorus tribale indovinatissimo che credo verrà ripetuto da una folla in visibilio) dove i cambi di tempo sono repentini e rendono merito alle doti tecnico/esecutive del quintetto statunitense.
Due righe due sulla sezione ritmica che è possente, martellante e offre soluzioni che vanno dal blast beats impetuoso, all’accelerazione fino a rallentamenti al limite del doom.
Il frontman
Phil Bozeman offre una prestazione che definire estrema è un mero eufemismo; il suo registro “vocale” passa da toni cavernosi e profondissimi a screaming fino a pig squeal ma mai monocorde.
L’ultima traccia “
Nothing is coming for any of us” fa ben capire che la formazione sa ben bilanciare aggressività a parentesi melodiche che fanno capolino per tutto il disco, specialmente negli assoli.
Peccato per la produzione che mette troppo davanti la batteria sacrificando le tre chitarre con un suono impastato rendendole poco distinguibili.
Ma il disco merita, fila tutto liscio anche se il genere è poco digeribile; i nostri meritano il trono, bravi.
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