Lo vogliamo precisare una volta per tutte? Se in questo gruppo non suonasse
Alex Lifeson, probabilmente nessuno ne avrebbe mai parlato.
Premesso quanto sopra, si può affermare che il seguito del discreto
“Envy Of None” è un album che deve molto al rock alternativo più insipido degli anni Novanta (
“Not Dead Yet”), e che quando deve risultare un po’ più moderno scimmiotta i peggiori Muse (
“The Story”) o i meno convincenti
Pure Reason Revolution (
“Under The Stars”, “That Was Then”).
L’amore per gli anni Ottanta emerge nella new wave di
“Thrill Of The Chase” e di
“Handle With Care”, nelle sonorità kraftwerkiane di
“Raindrops” e nel dream pop di
“The End”, ma la personalità è sempre carente, così come la voce della cantante
Maiah Wynne, alle mie orecchie più un limite che un vero valore aggiunto.
Qualcosa si muove nella ficcante
“New Trip” o nella conclusiva titletrack, e fa ben sperare il ritornello della non sempre fluida
“Clouds”.
Ma come direbbe Paolo Bitta: “chi si accontenta, si accontenta”.
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