Nuovo anno, nuova operazione di riregistrazione. Una piega, o se vogliamo una moda quella che ormai sembra aver preso piede, e che ha catturato nelle sue spire anche gli Accept. O meglio, non proprio la band tedesca, che tra alti e bassi continua a macinare dischi con una qualità media, ma l'ex vocalist
Udo Dirkschneider che ha scelto di rimettere mano su uno dei lavori migliori dei crucchi (a mio parere non il migliore di tutta la loro discografia),
'Balls To The Wall' del 1983, quinto album in studo all'epoca. Al contrario di altre riregistrazioni però,
Udo qui non si è limitato semplicemente a cantare nuovamente sui pezzi, ma ad invitare una serie di ospiti speciali che, a suo dire, hanno contribuito a creare una nuova dimensione ai vari brani e a regalare nuove emozioni.
Ora, io non sono mai stato un amante di queste cose, probabilmente l'unica mossa di questo tipo che ho lontanamente apprezzato è stata quella fatta con i Sepultura di 'Morbid Visions' (non 'Schizophrenia'), e appena ho saputo che unoo dei dischi più iconici degli Accept, band fondamentale per il sottoscritto, ho avuto più brividi di paura. Le scuse accampate sono sempre le stesse, ringraziare i fan, celebrare i tot anni dalla pubblicazione, nuova veste alle canzoni, e così via, ma il rischio di farla grossa è letteralmente dietro l'angolo, sopratutto se la lista degli ospiti è diciamo... discutibile. Non per il valore dei cantanti in sè, sia chiaro, tra i tanti ci sono
Biff Byford,
Dee Snider,
Doro Pesch,
Tim 'Ripper' Owens, ma come dovrebbe essere ovvio non basta arruolare una manica di ottimi performe per avere automaticamente un risultato eccelso, anzi. Se da una parte
Udo ha voluto giocare sul classico con un lato più nostalgico e ottantiano, dall'altra ci sono presenze come
Joakim Broden (Sabaton),
Nils Molin (Amaranthe),
Ylva Erikkson (Brothers Of Metal) che stonano non poco. E dico questo non per fare la figura dell'inguaribile romantico, ma perchè basta un solo ascolto per capire che il sound dell'epoca viene totalmente snaturato e alcuni cantanti ci stanno bene come la senape sul salame.
Non è mia intenzione fare un track by track per due motivi, il primo è che le canzoni le conosciamo tutti e non c'è sicuramente bisogno che le descriva passo passo, e il secondo è che vi è veramente poco su cui discutere. La Titletrack, sicuramente tra i pezzi più conosciuti degli Accept e del colonnello tedesco, è affossata da un'alternanza tra il tono acido e stridulo di
Udo e quello di
Broden, più profondo ma privo di qualsivoglia carisma, passando per
'Fight It Back' con la partecipazione totalmente fuoriposto di
Mille Petrozza, spesso fuoriposto nelle strofe, e che come un pezzo del puzzle, semplicemente non va a combaciare. Il contrario succede con
'London Leatherboys' che ha
Biff Byford alla voce, o anche con
'Losers And Winners' con Dee Snider. Dal punto di vista dei suoni è tutto molto compressato, privo di quella fiammella, di quel fattore X, seppur i vari musicisti si mettano indiscutibilmente di impegno,
Sven Dirkschneider (figlio di Udo) in primis, mentre per
Peter Baltes non deve essere stata una grande fatica.
Udo, che anche con il passare del tempo ha sempre mantenuto un timbro di voce riconoscibilissimo e privo nella stragrande parte di momenti deboli, negli ultimi anni (conseguentemente per l'età, naturale) ha dovuto fare i conti con un abbassamento dele tonalità stridule sopracitate (o da alieno che partorisce, come lo definì un giornalista negli anni 80'), e si sente pertanto una grande fatica su pezzi come
'Turn Me On', mentre con
'Losing More Than You've Ever Had' si ha nuovamente il medesimo problema del non riuscire a trovarsi in sintonia con l'ospite, Kiske in questo caso, non totalmente un disastro come
Petrozza, ma si sente distintamente anche qui una forzatura nell'inserire cantanti che, molto semplicemente, non riescono ad esprimersi al meglio su questo tipo di heavy metal.
Vuoi anche per le dichirazioni fatte da Udo ai tempi, sul fatto che con il 'Back To The Roots Tour' avrebbe messo da parte qualunque cosa riguardante gli Accept, vuoi perchè queste operazioni trovano in brevissimo tempo dalla loro uscita la polvere sulla mensola, o ancora che per festeggiare i quarant'anni dalla pubblicazione poteva esser fatta qualunque altra cosa (che però avrebbe implicato tornare a lavorare direttamente con
Wolf Hoffman),
'Balls To The Wall Reloaded' non è un prodotto che mi sento nè di bocciare e nè di promuovere, dato che qualche frangente di luce c'è, e forse (e dico forse) qualcuno potrebbe anche apprezzare esperimenti di questo genere. Una release innocua, che ci saremo già dimenticati tra una settimana.