Nel sottobosco del Black metal contemporaneo, laddove l’ibridazione culturale si fa veicolo di nuove tensioni espressive, gli
Enterré Vivant tornano con un disco – il loro terzo full-length – che ambisce a diventare un punto di riferimento per chi cerca nella musica estrema qualcosa che vada oltre la classica attitudine della fiamma nera.
"悪罪 (Akuzaï)", pubblicato nel maggio 2025 da
Antiq Records, è il tentativo di collimare la sensibilità esistenzialista della filosofia europea con un immaginario tradizionale giapponese denso di spiritualità, malinconia e spirito arcaico.
La band franco-giapponese (di cui uno dei due membri è il francese
Erroiak dei
Tour d'Ivoire), già distintasi con le sue releases precedenti per l'approccio eclettico e intimista, approfondisce qui una direzione sonora che unisce le spoglie del Depressive black metal dalle derive Folk, con aperture Post-black sulla scia dei primi LP di
Burzum, alle sfumature Blackgaze di
Alcest e
Amesoeurs, aggiungendo qualche tocco, eclettico e inquietante, che richiama ai
Peste Noire. Tuttavia, ciò che rende
"Akuzaï" un lavoro affascinante non è tanto il ricalcare suddetti stilemi, quanto la tensione costante con cui il duo mira costruire un ponte autentico tra universi musicali e culturali assai distanti.
Le chitarre, asciutte e ronzanti, evocano paesaggi gelidi, a volte rarefatti, ma sempre intrisi di pathos. La componente atmosferica si declina tanto in passaggi dilatati quanto in momenti più acustici e minimali, in cui fanno capolino strumenti della tradizione giapponese e scale modali orientali. Il risultato è un lavoro stratificato che alterna ferocia e contemplazione, dolore e bellezza, ma non sempre, purtroppo, riesce a trovare un equilibrio perfetto tra i suoi "concetti".
Se da un lato le influenze sono evidenti e ben amalgamate sul piano concettuale, dall’altro il disco soffre talvolta di una certa disorganicità nel passaggio tra i registri più marcatamente Folk a quelli puramente Blackgaze: si percepisce l’intenzione di evocare mondi interiori e dimensioni spirituali, bensì il viaggio rischia di apparire frammentario, quasi come se il gruppo avesse voluto infondere tutto se stesso in un solo lavoro, senza concedere sufficiente e adeguato respiro ai singoli episodi; mentre in altri momenti si ha la sensazione opposta: di un eccessivo disallineamento tra gli elementi da noi menzionati.
Nonostante queste lievi incrinature,
"Akuzaï" rimane un disco profondamente emotivo e intimo. Il titolo stesso — che credo possa essere tradotto come “peccato malvagio” o “colpa nefasta” — suggerisce un’indagine sull’abisso dell’animo umano, qui esplorato con uno sguardo che non rinuncia mai a una tensione poetica e spirituale.
In definitiva, gli
Enterré Vivant firmano un’opera che, pur non priva di sbavature, dimostra coraggio, identità e una visione estetica singolare.
"Akuzaï" è uno spaccato artistico che merita più di un ascolto, soprattutto da parte di chi dal Black metal non si attende esclusivamente rabbia, ma anche trascendenza.
Recensione a cura di
DiX88
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