Ci sono numerosi artisti che sono stati glorificati successivamente alla loro scomparsa, magari dopo aver cercato inutilmente il successo per tutta la vita. In un certo senso ciò avviene anche alle formazioni rock. I Blue Cheer sono forse più omaggiati oggi di quando incendiavano i palchi Americani sul finire degli anni ’60.
Una certa popolarità l’hanno ottenuta, specie in patria, comunque meno di gruppi che sono finiti nell’oblio da un pezzo. Invece il trio di San Francisco adesso viene citato da un sacco di bands stoner-psych come primaria influenza, ed altrettante li indicano come seminali di una particolare visione dell’hard rock.
Gente tosta, astiosa, rissosa, amici degli Hell’s Angels, provocatori perfino nel nome scelto che indica un tipo particolare di Lsd, fecero inorridire gli esperti dell’epoca che li bollarono subito come fracassoni incapaci di suonare in modo decente.
Invece visto nell’ottica di oggi, “Vincebus eruptum” è un debutto al fulmicotone che stravolge il rockblues tradizionale trasformandolo in materia distorta, fragorosa e lancinante. I Cream uniti ad Hendrix, virtuosismo, escapismo ed eccesso, una fusione che si svolge in un ambiente acido, pieno di volume e distorsioni, un sound adatto ai freddi sobborghi industriali duri e violenti, un regno di allucinazioni drogate e feedback proto-metallici.
La cover del brano di Eddie Cochran “Summertime blues” non ha nulla di solare o estivo, al contrario è cigolante, granulosa, pesante, ed è il preludio di un disco che per il 1968 è qualcosa di veramente estremo.
La chitarra di Stephens urla, si contorce, deborda rumorosamente nelle lunghe improvvisazioni di “Doctor please” e “Parchment farm”, esplosioni psycho-rock che fanno impallidire tanta paccottiglia metal che verrà in seguito. Le vocals aggressive di Peterson sono difficili da digerire per chi ha nelle orecchie il morbido pop-beat Beatlesiano o le nenie country-bucoliche, ancora peggio accettare la furia noise e gli ampli gementi del finale di “Second time around”, soluzioni chiaramente in anticipo di almeno un decennio.
Non stupisce in effetti che la carriera dei Blue Cheer sia durata soltanto fino al 1971, ma quante sono le formazioni che li ringraziano ancora per questa mezz’ora di musica che ha mostrato al mondo il lato selvaggio e cattivo del rock?
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