“Tagliami la gola, mentre affogo nel sonno / Sono completamente sveglio, sorrido di rosso mentre mi guardi / Lasciami gorgogliare, soffocare nel mio stesso sangue / Perso per sempre, occhi vitrei mentre i polmoni si riempiono.”
I Depressive suicide black metallers
Ghost Bath riemergono dall’ombra con il loro nuovo, intenso lavoro
"Rose Thorn Necklace", pubblicato ancora una volta con l’etichetta di lunga data
Nuclear Blast.
Uscito dalla trilogia concettuale
"Moonlover" (2015) – "Starmourner" (2017) – "Self Loather" (2021), il mastermind
Nameless (alias
Dennis Mikula), con questa quinta opera lunga, conduce i suoi
Ghost Bath in una direzione ancor più intima, introspettiva e suicida che mai.
Mikula – coadiuvato nelle registrazioni in studio dal batterista
Mike Heller (
Malignancy,
Raven,
ex-Fear Factory) – si attiene efficacemente alle stesse sue parole con cui ci ha avvisato in merito alla direzione della sua musica:
“Ho voluto esplorare tematiche disturbanti, sia nei testi che nella musica e nell’artwork", spiega Mikula.
“Avevo in testa parole, immagini, concetti disgustosi. Il trucco è stato lasciarmi andare del tutto, non censurarmi. L’obiettivo era creare qualcosa di depresso, disperato, sontuoso, gotico, grottesco, viscerale.”Queste frasi indubbiamente fanno da testimonianza alle atmosfere disperate contenute in
"Rose Thorn Necklace", tuttavia non rendono giustizia all'incredibile estrosità e al senso estetico per il sublime, capace di conferire a un LP DSBM come questo qualcosa che supera le barriere dell'estremo musicale, per posizionarsi nella dimensione propria all'Arte in senso lato.
Fra esplosioni DSBM tradizionali sulla scia di
Shining e
Silencer, e malinconiche progressioni melodiche di stampo Post-Black, si riscontrano vari sperimentalismi che rimandano a formazioni come
Lifelover (soprattutto per l'anima gotica) e
Happy Days, bensì anche al Blackgaze dei
Deafheaven – pur se qui ci si muove in territori decisamente più oscuri e privi di clean vocals – fino all’estetica atmosferica dei
Lantlôs e ai riverberi sospensivi, intrisi di tristezza e poetica decadente, degli
Amesoeurs.
Si tratta di un'opera in cui il luccichio disturbante di brani come
"Vodka Butterfly" e la beatitudine dissonante di
"Well, I Tried Drowning", o l’abisso intimo di pezzi come
"Dandelion Tea" e la title-track
"Rose Thorn Necklace", costruiscono una triade dialettica corrispondente a un processo di sviluppo capace di protendersi verso il sublime.
"Rose Thorn Necklace" incarna insieme pericolo assoluto e bellezza ossessionante... Una capacità di fascinazione che incanta per l'eleganza e la raffinatezza di certe soluzioni compositive e per la naturalezza con cui tutto il suo impianto policromatico viene armonizzato. Una concezione artistica del "bello" che tuttavia non dà luogo a un album dalle progressioni interminabili o con evidenti, ed eccessivi, cali di tensione in termini di estremità sonora, come era per esempio il caso di un lavoro come
"Starmourner" (2017) — la linea scelta segue più o meno la falsa riga del precedente
"Self Loather", seppur lievemente meno dura ed aperta alle contaminazioni.
Qui i
Ghost Bath sono molto concisi, condensando tutto il loro percorso musicale in soli 35 minuti, senza mai rinunciare integralmente alla violenza della fiamma nera… Aderenza alla tradizione Black/Depressive che viene garantita anche dalle linee vocali di
Mikula, fedeli al classico scream dai tratti burzumiani che non cede mai alla tentazione delle clean vocals, neanche nei passaggi più eterei, e che, al contrario, di tanto in tanto si slancia nella direzione di growls profondi e cavernosi.
Non vi è altro da aggiungere...
"Rose Thorn Necklace" è una vera e propria perla del Post-DSBM moderno, al cui fascino è impossibile sfuggire. Attualmente, insieme a
"Self Loather" il miglior lavoro mai realizzato dal giovane statunitense, e sicuramente il più maturo.
Recensione a cura di
DiX88