Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2002
Durata:45 min.
Etichetta:Massacre
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. THE IMMORTAL CURSE
  2. SLAUGHTER PROPHECY
  3. SACRED BLOODY STEEL
  4. THE RITES OF SACRIFICE
  5. RAISE THE METAL FIST
  6. PAGAN HEART
  7. FACES OF THE ANTICHRIST
  8. LAY ME TO MY GRAVE
  9. CRUSH THE HOLY, SAVE THE DAMNED
  10. LET THE WITCHES BURN
  11. INVOCATION OF THE NAMLESS ONE

Line up

  • Gerrit P. Mutz: lead vocals
  • Jörg M. Knittel: lead guitar, keyboards
  • Oliver Grosshans: rhythm guitar
  • Jens Sonnenberg: bass
  • Mathia Straub: drums

Voto medio utenti

Lo ammetto sin d’ora: non posso negare di avere un debole per i tedeschi Sacred Steel. Sin dalla release del primo disco, “Reborn In Steel”, concentrato di puro heavy metal a stelle e strisce marchiato a fuoco da un esecuzione prettamente teutonica, ho sempre seguito con grande interesse le vicende di questa intransigente band, caratterizzata dalla personalissima (e spesso criticata) performance vocale di Gerrit P. Mutz (Tragedy Divine, Dawn Of Winter), molto vicina all’approccio di Mark Shelton (Manilla Road) e John Cyriis (Agent Steel) per i fans, ed a quella di un gatto strozzato per i detrattori (molto più numerosi). Il penultimo “Bloodlust”, validissimo lavoro penalizzato da una promozione praticamente inesistente curata dalla Metal Blade, aveva visto il sound del quintetto indurirsi e diventare più aggressivo, lasciando spesso spazio ad interventi vocali in growl ed addirittura in screaming; in questo senso “Slaughter Prophecy” è il degno successore di quel disco. Dalle prime note della title track ho quasi stentato a riconoscere la band, qui impegnata a macinare riff d’estrazione classicamente black/death, non scevri di richiami agli Slayer ed al thrash più estremo, accompagnati da una prova di Gerrit brutale e spiazzante. Con la successiva “Sacred Bloody Steel”, invece, le coordinate vengono riportate ai primi lavori della band mentre in brani come “Rites Of Sacrifice” il tiro viene nuovamente spostato verso un sound più estremo; “Lay me To My Grave”, invece, mostra sfaccettature quasi doom arrivando a ricordare, ma solo nel chorus, i Dawn Of Winter, side project del singer. L’estrema eterogeneità di questo disco risulta essere un’arma a doppio taglio: di certo non c’è rischio d’annoiarsi nel corso dell’ascolto di “Slaughter Prophecy”, ma spesso è difficile reprimere una certa sensazione d’inconcludenza; non si capisce dove la band voglia andare a parare in parole povere. Eppure musicalmente non c’è dubbio sul fatto che il disco sia decisamente buono ed intrigante; potente ed energico come poche uscite di questi ultimi tempi e beneficiario di una produzione forse un po’ opaca ma decisamente convincente. Un album destinato ad essere il capitolo più controverso della discografia dei Sacred Steel, comunque sempre ben saldo su i canoni d’intransigenza musicale che hanno reso la band amata ed odiata un po’ ovunque; un modo di suonare heavy metal in maniera non scontata eppure tradizionalista, che non potrà lasciare indifferenti, sia i positivo che in negativo.
Recensione a cura di Francesco 'HWQ' Bucci

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