I
Malakhim arrivano dalla Svezia e si inseriscono pienamente nella tradizione più solenne e rigorosa del black metal nordico. Tra le fila spicca
Andreas Nilsson, chitarrista con un passato in
Naglfar,
Ancient Wisdom e
Midvinter, nomi che rimandano a una stagione irripetibile del genere e a una concezione quasi spirituale della musica estrema. Dopo il discreto esordio con
"Theion" (2021), la band torna nell’ottobre 2025 con il nuovo full-length
"And in Our Hearts the Devil Sings", pubblicato da
Iron Bonehead Productions.
Un ritorno che conferma la coerenza e la visione del gruppo, capace di unire impeto e consapevolezza in un linguaggio sempre fedele alle radici benché, a mio avviso, fin troppo derivativo.
Muovendosi come di consueto su binari black che uniscono melodia e brutalità, i
Malakhim riprendono fedelmente le coordinate sonore delle formazioni da cui provengono, richiamando a tratti anche l’impronta epica, elegante e glaciale dei
Dissection.
"And in Our Hearts the Devil Sings" è un disco potente e marmoreo, attraversato da sfumature mistiche che rimandano talvolta anche agli
Immortal di
"At the Heart of Winter" (1999). Il cantato invece, variegato e dinamico, evita la monotonia di uno scream monocromatico, aggiungendo spessore interpretativo ai brani.
Tuttavia, come già accennato a inizio articolo, pur nella sua compostezza, l’album lascia intravedere una certa prevedibilità: per quanto ben costruito, risulta a momenti eccessivamente legato ai modelli classici e manca di quel guizzo capace di renderlo realmente memorabile. Resta comunque un ottimo esempio di black metal moderno, in cui l’anima old school si fonde con una produzione nitida e potente, in grado di restituire al meglio – grazie inoltre a un riffing eccelso – l’intensità e il rigore della Fiamma scandinava.
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