La discografia contemporanea ci ha ormai abituato ai “tuffi nel passato”, e non solo per la profusione di ristampe che la caratterizzano già da qualche tempo.
A volte, però, sono proprio le riedizioni a chiarire ancora meglio come certi suoni attuali abbiano origini “lontane” e siano stati patrocinati da formazioni magari non particolarmente celebrate, specialmente in particolari momenti della loro parabola professionale.
Prendiamo i
Mad Max: i più attenti li conoscono per la fase più “matura” e melodica della loro lunga carriera, ma forse non sono in moltissimi a ricordarli quando si affacciavano sulla scena metallica europea carichi di un adolescenziale entusiasmo e di una nitida venerazione per l’
hard-rock settantiano più istintivo e per la
NWOBHM.
La pubblicazione in forma rimasterizzata (curata da
Rolf Munkes) dell’
Ep “
In concert” (1981) e del
full-length “
Heavy metal” (1982), i primi passi dei teutonici nel
rockrama internazionale, può dunque essere utile per sviscerare la loro crescita artistica.
Come anticipato, si tratta di una raccolta di brani dalla struttura compositiva abbastanza “semplice”, intrisa di influssi di marca Judas Priest, (primi) Iron Maiden, Saxon e Diamond Head, il tutto pilotato dalla voce scabra e viscerale di
Andreas Baesler, cantante che lascerà il gruppo (sostituito da
Michael Voss) proprio dopo queste due incisioni.
Bagliori di buongusto melodico, già rilevabili sebbene un po’ “sommersi”, affiorano a tratti all’interno di una scaletta aperta dall’incedere galoppante di “
Free will” e dal “tiro” di “
Night train to Paris” e “
Can't live without you”, tre
anthem molto “tipici” e candidi, e tuttavia complessivamente abbastanza gradevoli.
“
Hard days, lonely nights” insiste sulla soluzione musicale dell’inno abbassando leggermente i toni (ricordandomi qualcosa dei TKO) e se l’
intro di “
Shake some action” lascia presagire una deriva Sabbath-
iana, in realtà nel suo prosieguo il brano si trasforma nuovamente in un numero di grintoso
hard-rock dalle sfumature
sleazy.
Il tocco crepuscolare concesso a “
Working overtime” rappresenta una piacevole variazione dagli schemi musicali dominanti, e analoga sensazione la procura la melodia suadente e
bluesy di “
No remedies”, mentre con “
Barbarians” i
Mad Max ritornano a “trottare” lungo gli austeri sentieri del
british metal.
Lo
slow “
Wheel of fortune” pone l’accento sulle difficoltà interpretative di
Baesler nel gestire adeguatamente tali circostanze espressive e per chi volesse risalire ancora più indietro nelle vicende artistiche della formazione tedesca, la
ROAR aggiunge a questa versione di “
Heavy metal” anche i quattro pezzi di “
In concert”, ancor più rustici ed essenziali, seppur pregni di una bella energia “primordiale”.
Segnalando che la ristampa in oggetto include anche materiale fotografico inedito, note varie e un fumetto a tema disegnato da
Arturo Said, non mi resta che consigliarne l’acquisizione a tutti gli “indagatori” della
Grande Storia del Metallo e a chi volesse approfondire l’evoluzione di una
band ormai giunta a ridosso del quarantacinquesimo anno di propizia esistenza.
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