Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:73 min.
Etichetta:Dream Catcher
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. SHOUT IT OUT
  2. WILD IF I WANNA
  3. STANDING IN THE FIRE
  4. IN THE NAME OF LOVE
  5. DIRTY LOVE
  6. PLAY BY PLAY
  7. SHORT ARMS
  8. FAST TRACK
  9. LOVE GONE WRONG
  10. 16 TONS
  11. I MAKE BELIEVE
  12. HARD TIMES
  13. DRIVER
  14. GIVE ME ROCK
  15. SHAKE DOWN
  16. TRIGGER HAPPY
  17. ROCKAZOID ROLLAROID

Line up

  • Dave Meniketti: vocals and guitars
  • Joey Alves: guitars
  • Phil Kennemore: bass
  • Leonard Haze: drums
  • Jimmy DeGrasso: drums

Voto medio utenti

“UnEarthed vol.1” non può che essere valutato come uno splendido regalo per tutti i fans degli Y & T e un ottimo modo per festeggiare il loro ritorno sulla scena musicale (spinto dalle richieste dei sostenitori), con una formazione che vede gli storici Dave Meniketti, Leonard Haze e Phil Kennemore, completati da John Nymann, il quale pur non essendo il chitarrista originale del gruppo (sostituisce, infatti, Joey Alves), è da considerarsi come un membro effettivo dalla famiglia, avendo ricoperto il ruolo di co-songwriter e back-vocalist con la band fin dagli anni ’80.
Per tutti quelli che non li conoscessero o li considerassero solo come un’altra “vecchia” band americana che decide di riformarsi, basterà sapere che gli Yesterday & Today, esordiscono discograficamente nel ’76 su London diventando il punto di riferimento principale della scena heavy metal californiana, prima dell’ascesa di un “gruppetto” come i Van Halen e che per quanto proposto con i primi due dischi erano in grado di ben figurare accanto a nomi blasonati quali Starz, Legs Diamond, Angel ecc., benché rappresentassero l’ala più oltranzista del genere.
Poi l’uscita del terzo lp “Earthshaker” dell’81, con il quale il gruppo decide di abbreviare il proprio nome in Y & T e nel quale si realizza anche un piccolo cambio di rotta musicale, virando leggermente verso sonorità maggiormente melodiche, producendo un eccellente hard rock che talvolta sconfina in un AOR iper-vitaminizzato e che da quel momento caratterizzerà il suono della band.
Certo non tutti i 16 lavori della loro discografia sono sullo stesso livello … ma come dimenticare oltre ai già citati primi tre albums, “Black tiger”, “In rock we trust” (una vera dichiarazione d’intenti), il live “Open fire” (i nostri dal vivo si sono sempre fatti rispettare), “Contagious” o “Ten”, per una band che dovuto fronteggiare generi come la disco music prima e il grunge poi, rimanendo fedele (seppur con alcune sfumature) al proprio credo musicale.
Per terminare questo breve excursus biografico, voglio ricordare la loro partecipazione al Monsters of Rock di Donington e al Festival di Reading (nel periodo in cui queste erano due delle manifestazioni dal vivo di maggior valore mondiale, a conferma della considerazione che la band aveva raggiunto), oltre che innumerevoli esibizioni live come headliners o come supporting band per nomi illustri (Ozzy, AC/DC e Moltley Crue) e la loro piacevolissima presenza al progetto “Hear’n‘aid” organizzato nel 1986 da Ronnie James Dio contro la fame nel mondo, sia con il brano “Go for the throat”, sia con Meniketti a condividere il microfono con tutta una serie di voci “mitiche” dell’heavy mondiale (R.J. Dio, Don Dokken, Kevin DuBrow, Rob Halford, Paul Shortino, Geoff Tate …) nell’anthem “Stars” (… Some time in the night when you’re feeling the cold … We are forever you and I … We’re stars!)
A complemento, quindi, di una serie di concerti che dovrebbero sancire il come-back definitivo degli Y & T ecco che la Dreamcatcher pubblica quest’interessante e godibilissima raccolta di materiale inedito, rarità, demos e interpretazioni alternative di brani già noti, in versione rimasterizzata, coprendo i 30 anni di storia della band.
Diciassette tracce, tutte, a loro modo, importanti ed interessanti a partire dal grande guitar work di “Shout it out” scritta per “Ten”, ma che, in versione primordiale e con titolo diverso risale ai tempi di “Contagious”, passando per l’hard de luxe di “Standing in the fire”, dal magistrale fraseggio melodico, continuando con la ballatona catchy “In the name of love” in cui Meniketti addolcisce la sua roca e potente vocalità o con “Dirty love” dal riff killer molto “americano”, “Fast track” che a dispetto del titolo risulta un vigoroso mid-tempo dal groove contagioso, lo stellare hard rock cadenzato “old style” scritto in collaborazione con Al Pitrelli di “Love gone wrong”, il boogie’n’roll “16 tons”, la raffinata melodia scritta per “Black tiger” di “I make believe”, la versione originale (comunque molto diversa da quella apparsa su “Ten”), di “Hard times”, veramente splendida nel suo incedere d’ispirazione hard/blues con un’altra prestazione da brividi di Meniketti, l’hard-rock classico di “Give me rock” proveniente ancora una volta dalle sessioni di “Black tiger” ed eseguito dalla formazione originale, per terminare con la divertente “Shake down” che ricorda parecchio, per stessa ammissione dei protagonisti, il suono tipico degli AC/DC.
Sotto il capitolo “episodi singolari” possono essere catalogate “Play by play” dall’atipico flavour funky in cui Meniketti riesce ad offrire ancora una buona prova e “Rockazoid rollaroid” inconsueta track che risale addirittura al’74 e che evidenzia influenze Mott the Hoople/David Bowie, per quello che è definito un “divertente esperimento”.
Da sottolineare la padronanza tecnica del possente drumming di Jimmy DeGrasso (Alice Cooper, Suicidal Tendencies e Megadeth tra i suoi credits), che sostituì, a partire da “Contagious”, Leonard Haze e che ritroviamo in molte delle tracce di questo disco.
Dave Meniketti poi, con il suo timbro virile ed espressivo tipicamente yankee, si dimostra singer veramente di razza, in grado di alternare intonazioni potenti ad altre più bluesy con straordinaria facilità, oltre che essere un valente chitarrista.
Curioso ed interessante l’inserimento, nel booklet del disco, di note scritte direttamente dai componenti della band, i quali descrivono le circostanze che condussero alla composizione/registrazione dei brani con le loro riflessioni in merito.
Antologia abbastanza esaustiva e “impressionante” tenendo conto che si tratta di brani che per una ragione o per l’altra non avevano trovato posto nei dischi precedenti degli Y & T e che al contrario, per le qualità che dimostrano, sarebbero state una vera “manna” per qualsiasi altra formazione dedita all’hard melodico.
L’unico piccolo rammarico è la mancanza di brani risalenti al primissimo periodo del gruppo (che siano più rappresentativi della pur simpatica “Rockazoid rollaroid” ): sarebbe stato un compendio ancora più significativo della carriera di una band che non si può che accogliere con un caloroso bentornato, nell’attesa di verificare le sue prossime mosse discografiche…
Recensione a cura di Marco Aimasso

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?
Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.