Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:49 min.
Etichetta:Hardebaran

Tracklist

  1. TAG YOUR BONES
  2. INSIDE
  3. I DON'T TOLERATE WHO'S NOT TOLERANT
  4. DESERVE THE TRUTH
  5. DISAPPEAR
  6. SEIZED THE NECK
  7. BEAN
  8. SURF DIESEL
  9. BULLSHIT HANDBOOK
  10. BORN ABORTED
  11. VI
  12. DOG

Line up

  • Vitto: vocals
  • Cance: guitars
  • Bob: guitars
  • Cafa: bass
  • K: drums

Voto medio utenti

Questo è il secondo disco degli italianissimi Kiju ed è una vera grossa sorpresa, un botto con la B maiuscola. Non conosco il precedente “Nothing To Play For”, ma quella che si presenta alle mie orecchie con questo “Demo(n)cracy” è una band spettacolare per violenza sonora, intensità, songwriting e personalità. Un mix esacerbato dalla rabbia di post/thrash, hardcore e grind, suonato con cattiveria, pieno di groove ma che non disdegna un uso importante quanto distorto della melodia. Il risultato è un sound mastodontico che trova sfogo in pezzi come “Disappear”, perfetto mix tra potenza e melodia, assolutamente devastante, in “Seized By The Neck”, che ricorda i Machine Head più ispirati, con un groove semplicemente disumano e un riffing inarrestabile, in “Surf Diesel”, un pezzo che sta a metà tra il grind e “Struck A Nerve” della band di Rob Flynn, 2 minuti e 50 secondi di dolore lancinante, oppure nella conclusiva “Born Aborted”, furia iconoclasta per spazzare via le residue scorie di chi non crede che questa band possa diventare qualcosa di assolutamente “out of size” per la nostra scena, patterns quasi cibernetici alternati a sfuriate thrashcore che vi faranno sanguinare.
Chiudono il disco due bonus-track, la strumentale “VI”, dove la band punta maggiormente sulla melodia che non sull’impatto, e “Dog”, altra mazzata sui denti e altro sangue perso dal nostro organismo.
Non c’è che dire, i Kiju hanno dato vita ad un disco che nel suo genere forse ha pochi epigoni quest’anno, e parlo del 2005 che fra qualche ora se ne andrà. Chi è rimato ai Korn o ai Fear Factory, ed ha avuto solo delusioni, benedirà il cielo che per ogni band che delude ce n’è un’altra che entusiasma. Solo che stavolta la band in questione è italiana, e fa letteralmente paura.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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