Copertina 7

Info

Anno di uscita:2006
Durata:53 min.
Etichetta:Meteorcity

Tracklist

  1. THE TEN OF SEVEN BELL
  2. OBJECTS OF DESIRE
  3. LATITUDE
  4. THROWBACK
  5. DESCENDANTS OF THE DENDRITES
  6. SKIN PRISON
  7. WOMAN OF ILL REPUTE
  8. DIVINE MISTAKE

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

Meteorcity ripristina la vecchia usanza degli split-cd, una pratica che si rivelò buona arma di diffusione durante i primi anni del movimento stoner-doom-psych. Parecchi gruppi che oggi hanno fama e successo, uno su tutti QotSA, esordirono proprio dividendo a metà lo spazio di un cd e supportandosi a vicenda con qualche collega, usanza che contribuì inoltre a formare una scena perlomeno riconoscibile.
In questo tipo di lavori si è sempre cercato di accoppiare protagonisti con una linea stilistica similare ed anche affinità a livello di notorietà (molto spesso bassissimo…nda) allo scopo di ottenere un prodotto omogeneo e coerente. Nel presente “Human failure” la Meteorcity ha seguito tale regola solo in parte, visto che le due bands coinvolte appartengono certamente alla stessa area musicale ma evidenziano anche qualche aspetto differente, non così marcato da poter sbilanciare il disco ma comunque meritevole di essere segnalato.
Ad esempio gli appassionati più attenti ricorderanno senz’altro il nome degli Spiritu, quartetto del New Mexico. Il gruppo statunitense, fondato da uno dei proprietari della Meteorcity, ha già infatti una discreta attività alle spalle e nella sua discografia spicca un buon album d’esordio pubblicato nel 2002 (“Spiritu”, Meteorcity/I Used to Fuck People), il quale ha ottenuto responsi più che lusinghieri da parte della critica. Dunque parliamo di una realtà non di primissimo piano ma perlomeno conosciuta nell’ambiente, mentre al contrario i Village of Dead Roads sono davvero dei perfetti carneadi, un nome del quale sappiamo poco e nulla eccetto la sua provenienza dalla Pennsylvania ed il fatto che sia improvvisamente emerso dalla profonda tenebra del sottobosco heavy degli States.
Altra sfumatura divergente riguarda l’impostazione musicale, particolari di poco conto per il profano ma forse d’interesse per gli esperti del genere.
Avevamo lasciato gli Spiritu alle prese con uno stile dai contorni cupi e drammatici, lunghi brani dove confluivano ruvidi passaggi heavy-stoner, escapismi psych-rock ed estese sezioni lente e Sabbathiane, spesso contornati da un’atmosfera sofferta e spirituale sul modello di Abdullah o The Hidden Hand.
A distanza di oltre tre anni scopriamo in questo lavoro alcuni cenni di cambiamento. Dei quattro nuovi pezzi presenti nello split solo l’oscura ed avvolgente “Latitude” si collega in modo netto al passato, non tanto in virtù del corposo minutaggio ma piuttosto per la cadenza funerea e fangosa che si esaurisce in una coda dall’effetto quasi narcolettico. Negli altri episodi gli Spiritu mostrano invece un atteggiamento più asciutto e diretto, accentuando la componente heavy-muscolare del loro sound come si nota nella ruvida e Kyussiana “The ten of seven bell” ed ancora maggiormente nell’urto massiccio e trascinante di “Throwback”, ottimo stoner d’assalto imbevuto di torvo groove alla maniera di Solace, Throttlerod, dei recenti GreatDayforUp e compagnia.
Il materiale è troppo esiguo per trarre conclusioni definitive, ma la sensazione è che gli Spiritu stiano attraversando un periodo di transizione che potrà condurli ad assumere un’identità dal carattere più energico ed aggressivo che in precedenza. Potremo constatarlo nel loro prossimo full-lenght, il quale non dovrebbe essere lontano.
I Village of Dead Roads si rivelano una piacevole sorpresa. Sono maggiormente iscrivibili all’ambito doom rispetto ai compagni di scuderia, mischiano influenze settantiane con quelle più recenti e le elaborano in maniera abbastanza fantasiosa ed interessante.
Da un lato esibiscono soluzioni psycho-doom esaltate da pennellate di malinconia dark, vedi la bellissima “Skin prison” con il suo andamento sinuoso arricchito da aperture rarefatte ed ipnotiche. Dall’altro lato si avvicinano al territorio sludge intrecciando passaggi di esasperante lentezza mortifera, segmenti epici e maestosi e poderose accellerazioni metalliche, incattivendo il tutto con i toni astiosi e disturbanti del cantante. Canzoni scandite da frequenti cambi di tempo e di atmosfera, testimonianza di idee valide sostenute da un livello tecnico all’altezza. Di notevole valore “Woman of ill repute” e soprattutto l’impressionante ed ambiziosa “Divine mistake”, oltre dieci minuti di corposo crescendo sludge-doom che valgono da soli l’acquisto. Sotto questa luce i VoDR possono essere accomunati alla cerchia dei pesi massimi tipo Warhorse, Suplecs, Ramesses, Weedeater, ecc, ed i loro spunti di buona fattura stimolano la curiosità per un eventuale futuro lavoro completo.
In sintesi questo è uno split-cd di settore dedicato a coloro che amano essere aggiornati sulle nuove realtà della scena, con il pregio da non sottovalutare della sua durata superiore alla media delle uscite attuali.

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?
Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.