Copertina 4

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2002
Durata:33 min.
Etichetta:Moonfog
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. DODENS GRODE (DEATH CROP)
  2. SKJEBNEVETTE (VETTE (BRINGER OF FATE))
  3. HEKSEFORMULAR I VEV (WITCHCRAFT IN LOOM)
  4. PHANTOM
  5. FRA GRAV TIL MORKE (FROM GRAVE TO GLOOM)
  6. DODE FUGLERS SANG (DEAD BIRDS' SONG)
  7. SLAKTEREIKA (BUTCHER'S OAK)
  8. ORD I FLAMMER (WORDS IN FLAMES)
  9. VANDRING (WANDERING)

Line up

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Veramente non so cosa pensare di questi Khold, combo norvegese attivo già da qualche anno, autore in passato di un mediocre debut, pubblicizzato dalla Moonfog come unico vero erede dello spirito originario del black metal. Gard e soci traggono sicura ispirazione da band di assoluto valore come Bathory, Celtic Frost, Hellammer e Darkthrone, non riuscendo però a caratterizzare il sound cadenzato e claustrofobico di “Phantom” con il carisma e la malvagità dei maestri sopraccitati. Probabilmente il quartetto preferisce impiegare le proprie energie nel crearsi la nomea di band “di culto” attraverso proclami e mosse che non hanno mancato di creare stupore unicamente fra coloro i quali ascoltano black metal da non più di qualche mese. I nove brani del disco in questione risultano inutilmente cadenzati, tediosamente ripetitivi e sostanzialmente inutili almeno quanto la band che li ha prodotti; idee stantie riproposte sino alla nausea ed un attitudine semplicemente ridicola (è da veri emuli di Burzum lo scrivere i titoli in norvegese, un po’meno l’accludere nella parentesi accanto la traduzione in inglese, tanto per non privare i feroci blackster di altre nazioni della malvagità dei propositi espressi) sono le caratteristiche che porteranno i Khold direttamente nel dimenticatoio nel giro di qualche anno; la scena estrema europea ha un livello troppo buono per consentire la sopravvivenza di band come questa: l’esistenza di validi gruppi come Tsjuder, Zemial, Fog e Mater Tenebra parla da sola… a nulla serve un face painting ben disegnato e delle dichiarazioni pittoresche quando manca l’ingrediente fondamentale, la musica.
Recensione a cura di Francesco 'HWQ' Bucci

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