Gli Inside Process sono una giovane band di Viterbo dedita anima e corpo al metalcore tanto in voga in questo periodo e ci presentano il loro demo d’esordio, uscito appena un anno dopo la loro nascita. Un po’ per l’ovvia inesperienza dei nostri, un po’ per la ristrettezza stilistica del genere proposto, sono inevitabili alcuni evidenti richiami a band che hanno contribuito alla nascita e alla diffusione del metalcore. Sto parlando ovviamente di gruppi come Caliban o Killswitch Engage, ai quali i nostri si rifanno, però devo ammettere che gli Inside Process non sono meri cloni, ma riescono, invece, a costruire buone melodie di chitarra che si intersecano bene ai classici riffettoni del genere, e il fatto di puntare un po’ più sul lato aggressivo che su quello melodico è un altro punto a loro favore. Il demo parte bene con “Garden of thoughts”, dai forti richiami Fear Factory, che delinea da subito le coordinate stilistiche dei nostri, e allo stesso tempo mette in evidenza una buona produzione, molto corposa sia per le chitarre che per la sezione ritmica. Non mi piace molto, invece, l’equalizzazione della voce, troppo ‘chiusa’ e dal volume forse un po’ troppo basso rispetto al muro sonoro generale. Nettamente più interessante è la seconda traccia, “Blackout”, che fa capire quanto i nostri riescano a costruire con intelligenza le loro song seguendo uno schema ben preciso, e non attaccando riff alla rinfusa. Meno violenta dell’opener, presenta riff più ‘ariosi’ e dalle influenze leggermente più svedesi, a differenza della conclusiva “The bridge of division”, la song più diretta ed aggressiva del demo. Mi torna ancora alla mente la band di Burton C. Bell, per un certo uso di riff secchi e stoppati, anche se nel bridge è il metalcore più classico e accessibile a farla da padrona. In definitiva per essere un demo di esordio siamo su livelli già buoni, anche se, come sempre in questi casi, il consiglio principale che mi sento di dare alla band è quello di cercare di personalizzare un po’ di più il proprio sound, cercando soluzioni meno derivative. Sono certo che i mezzi per farlo ci sono, e se a questo aggiungiamo una produzione più attenta ai particolari, e, come detto in precedenza, alla voce di Alessandro, penso che con il prossimo lavoro gli Inside Process potranno partorire qualcosa di veramente interessante e costruirsi un nome all'interno dell'affollato calderone metalcore italiano.
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