Avendo potuto notare in Norvegia la passione della gente nei confronti della resistenza, mi sono sempre stupito in passato di come nessun gruppo black avesse mai avuto il coraggio di cantare di quel periodo intriso di sangue, sicuramente adatto a una musica oscura e violenta come questa. Finalmente i Vreid - diventati ormai miei pupilli - hanno colto l'occasione per rispolverare quei ricordi nel loro nuovo lavoro "I Krig", ispirato alle poesie di Gunnar Reiss-Andersen. Sicuramente una ventata di freschezza rispetto alle classiche tematiche del genere, e non a caso giunta a noi dagli eredi del progetto Windir che ritengo uno dei gruppi più intelligenti attualmente in circolazione. Dietro alla facciata black'n'roll, scanzonata e irriverente, si cela un'anima introspettiva più curata che finalmente con questo album ha la possibilità di uscire maggiormente allo scoperto rispetto al precedente "Pitch Black Brigade".
Notevoli sono le influenze folk, sia che si tratti dell'incorporamento di strumenti acustici come il violino, sia di riff epici e sognanti che non possono non far tornare alla mente le opere del compianto Valfar. Ne è l'esempio la seconda "Under Isen" che farà scendere una lacrimuccia a tutti i nostalgici come me. Ma "I Vreid" è anche un lavoro complesso e pieno di sfaccettature: basti sentire la title track, che vive al suo interno numerosi stravolgimenti negli oltre otto minuti di durata. Il songwriting è maturato fino al punto da diventare praticamente perfetto nel suo svolgimento, naturale e senza stacchi forzati. In più il gruppo norvegese dispone di uno dei migliori sound del genere (insieme ai connazionali Khold): freddo, preciso, marziale, potente... ha tutte le caratteristiche per colpire sia nelle parti più aggressive che nei mid-tempos tipici del black'n'roll.
Inutile concludere dicendo che "I Krig" mi è piaciuto moltissimo, per la capacità della band di non perdersi in un movimento diventato in poco tempo autoreferenziale e ripetitivo.
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